30 settembre 2005

La resa

Questo componimento è dedicato ad Isabella di Morra, poetessa del 500 nella quale mi sono imbattuto grazie alle mie ricerche personali; la sua storia, che non vi narrerò, è piuttosto toccante e tragica, mi ha colpito; questo è un piccolo dono in ricordo della sua vita.
Il parallelo di questa poesia è quello tra un uomo che è rimasto dove ha sempre vissuto illudendosi che prima o poi le cose sarebbero cambiate ed Isabella le cui speranze per un amore a cui dare un completo sfogo sono state strappate dalla morte precoce e non dalla rassegnazione a cui si abbandona questo uomo che smette perfino di amare, cioè l'unica cosa che riusciva in passato in quel grigio quartiere a riempire la sua vita e a donargli la vista di un futuro all'orizzonte. Così Isabella si sveglia per piangere perché quell'amore in vita non lo vivrà mai, mentre l'uomo della poesia vive, ma senza lasciare traccia (o perlomeno è quello che crede), affiancando un istante all'altro, si è convinto che per nessun momento della sua vita vale più la pena di spender memoria; probabilmente la riflessione amara e paradossale è che lui è in realtà più morto di Isabella.

La resa

Mi sveglio la notte
a forza di botte
tra il grigio sgualcito
del mio quartiere,
un pantano armato
d'improvvisazione per
un po' d'acqua e un po' di pane.
Il giorno è andato a male.
Nessuno ce lo disse
alle 24 della rivoluzione,
nessuno ce lo chiese
alle 24 e uno della rassegnazione,
ci si volle convincere che era per noi
che si bruciavano spiagge
discoteche e chiese.

Ed Isabella di Morra dorme sul suo altare
di fiori secchi e specchi
crepati come i nostri figli.
Non ci facciamo più compagnia,
a bocca asciutta ci tocchiamo,
ad occhi aperti ci baciamo,
e c'era una volta un amore
che cacciava i fantasmi di questo quartiere,
c'era una volta un odore di passione
note di testa cuore e fondo impastate al sudore.
Mia madre ripeteva che
un giorno sarei fuggito da qui
con il primo treno colorato.
Mia madre sperava, ma ancora oggi
Isabella si sveglia per piangere.

La mia resa è giunta anticipata,
in solitaria e in solitudine,
da allora non concedo più lacrime
alla mia anima arrangiatasi apatica
in un mondo perpetuo di sole ombre,
senza disperazione, senza dolore,
è il vuoto incontrastato e dominatore.
Non ha più senso ricordare.

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