31 ottobre 2005

A te

Di voletto arieggia il telo di seta
calando lungo le forme del tuo corpo
a sfiorare le più affabili nudità
come l'intimità di una notte ambrata
dalla gestualità languida adagiata
sugli specchi verdi di pianura
che sfavillano a gocce brillanti

Dietro la tua schiena spogliata
posso ancora sussurrare parole
La mia complice voluttà per l'eternità
Tra i miei pensieri null'altro
peregrina che starti accanto,
l'incanto di un momento, a rilento
voglio abitarlo fino a fermarlo

Incoronata da versi dispersi
tra le forme di un linguaggio
che lieve discorre al peggio
con il mio sospirar d'anima
meglio forse non so poetare
altrettanto sentimento, a te
in dono il mio fiore meno stolto

29 ottobre 2005

Le segrete della selva nera

Si camminava a fatica nella fanghiglia e il buio era opprimente, la fitta vegetazione incombeva su tutto e su tutti; era appena scesa la sera sopra quella macchia boscosa, tutti sapevano che sarebbe stata l'ennesima notte insonne di angoscia, follia e morte.
Qua e là la terra si apriva in crateri di qualche metro, l'olfatto ormai abituato, poteva distinguere i diversi odori di bruciato che provenivano a volte dagli alberi e dagli arbusti andati a fuoco nelle esplosioni e negli scontri, a volte dalla carne umana abbandonata degli uomini caduti in quella parte di mondo; quando quella carne cuoceva, trasudava, si gonfiava e si accartocciava la coscienza dei suoi possessori non si spegneva sempre precocemente, così lamenti e urla graffianti si aggiravano per la foresta, fino al sollievo della morte, solo il nemico avrebbe potuto alleviare quelle terribili sofferenze, sparandogli magari un colpo in testa, di certo non i compagni che non sarebbero più tornati indietro per aiutare qualche ferito rimasto alle spalle. In quelle situazioni era inevitabile scegliere il sacrificio di un uomo per la salvezza degli altri.
Si fermarono momentaneamente. C'era un piccolo spiazzo aperto dove la vegetazione era meno fitta, ognuno scrutava e controllava la sua zona, si misero poi a raccolta, ancora in piedi discutevano, volevano prendere tutte le precauzioni perché le soste erano i momenti in cui si abbassava maggiormente la guardia e diminuiva perciò la sicurezza. Si udiva il solo suono del frusciare delle foglie mosse dal vento. Improvvisamente a far vibrare i timpani delle orecchie come un terremoto ci pensò un botto, poi il secondo, qualcuno era riuscito a prendere la mira e a colpire uno di loro, un paio di colpi, forse di un fucile di precisione.
Uno schizzo di sangue finì proprio in bocca a Guy, non era il suo, il sapore un po' salato, ferroso, un altro nell'occhio sinistro, bruciava. L'ansia e la confusione avevano preso il sopravvento sul gruppo, ognuno si guardava intorno, non era possibile capire da dove erano stati sparati i proiettili, solo oscurità, ma dovevano ristabilirsi, la calma era fondamentale, erano stati addestrati a mantenerla in ogni situazione, anche se ciò che avveniva in quel buco nero dell'umanità superava di gran lunga in ogni suo elemento qualsiasi tipo di preparazione militare, nemmeno l'immaginazione e l'abilità artistica del miglior regista e scrittore sarebbe stata all'altezza nel rendere la tragedia, la crudeltà, l'inumanità che aleggiavano; si viveva giorno per giorno, notte per notte, con un inquietante presentimento di una morte girovaga che avrebbe potuto raggiungere chiunque e dovunque in qualsiasi momento, nessuno poteva dirsi sicuro.
Finalmente la ragione tornò ad avere il suo primato, per quanto possibile, le emozioni uccidevano, la ragione invece poteva evitare o almeno ritardare la fatale caduta. Si piegarono a terra evitando qualsiasi rumore e cercando di capire chi era stato ferito, Guy urlò: “Teddy! Teddy! Ti hanno sparato! Figli di puttana! Dove cazzo siete, vi taglierò la gola uno ad uno!” Un altro soldato si avventò su Guy cercando di tappargli la bocca.
I muscoli del volto di Teddy erano tirati allo stremo, i suoi occhi spalancati, si poteva scorgere nella crudezza di quell'immagine la paura della morte. Un colpo aveva attraversato la parte sinistra del collo penetrando da dietro, il sangue usciva copiosamente, anche dalla bocca, il respiro era sempre più debole, in pochi istanti avrebbe lasciato la vita, sarebbe stato buttato nel mare in tempesta il sogno di ritornare a casa dalla sua amata, dal figlio che sarebbe nato un paio di mesi dopo.
Era finito in quell'inferno non per qualche ideale patriottico, non per diventare un eroe o ricevere chissà quale lustrino o medaglia, molto più modestamente era lì perché il suo sussidio di disoccupazione e i lavoretti saltuari che faceva non potevano permettergli di metter su la famiglia che aveva sempre desiderato. Quel desiderio stava diventando chimera finché non si sarebbe inabissato insieme al suo corpo senza vita.

27 ottobre 2005

H5N1

La porta, rimasta chiusa per venti interminabili minuti, finalmente si aprì.
“Dottore, cos'ha mio figlio?”
“Dobbiamo ancora stabilire le cause, ha la febbre alta, la gola parzialmente infiammata, sintomi non preoccupanti, sembra una banale influenza ma..”
“Mi dica che non ci sono altri problemi, mi dica che è solo una tipica influenza. Perché continua a stare così male adesso che lo state curando?”
“Purtroppo suo figlio non risponde positivamente alla somministrazione dei comuni antivirali, c'è qualcosa di strano, le sue condizione avrebbero già dovuto migliorare, il sistema immunitario non risponde e in più abbiamo dovuto fargli una flebo perché assimili sostanze nutritive visto che non riesce ad ingerire nulla.”
“Ho perso mia figlia sette mesi fa e nessuno ha saputo spiegarmi il motivo, così, in una settimana l'ho vista ammalarsi, peggiorare e poi morire, tredici anni, si parla di clonazione umana, di guarigione da ogni possibile malattia, di superuomo, di cure nuove per il cancro e poi..” Nei suoi occhi si leggeva il dolore, la tragedia, stava cercando di trattenere le lacrime, c'era anche angoscia sul suo volto, sarebbe stato un crudele e terribile destino che si ripetesse al suo piccolo bambino quello che già era successo alla più grande. “Dovete aiutare mio figlio, è così piccolo, non deve fare la stessa fine, non sarei capace di accettare un'altra perdita in famiglia.”
“Stia calma, comprendo il suo timore, ma niente è ancora compromesso, ci sono diverse possibilità che stiamo tuttora elaborando. Abbiamo dovuto isolarlo per evitare contagi ad altre persone, lo potrà solo guardare dal vetro, quindi le consiglio di andare a casa, di rilassarsi, eviti di stare giorno e notte su una sedia in questa saletta, stia tranquilla, la contatteremo noi se ci saranno problemi.” E problemi ce ne sarebbero stati.
Laura, madre di Nicholas, non tornò a casa, rimase lì, su quella scomoda sedia, con l'espressione pallida e stremata, come in pozzo oscuro aggrappata ad una corda, nell'attesa di sapere se sarebbe stata abbastanza resistente e spessa da poter permetterle di risalire dal baratro di quel suo nuovo incubo.

26 ottobre 2005

Beata

L'aria si confonde e confusa
si diffonde tra le gemme
tra le fronde e fluttuante
le si addice la sua veste
che da allegra ed andante
esaudisce il mirar oltre finestra

I racconti della notte: "Fracassar d'ossa"

Non stava piovendo come invece era accaduto quotidianamente la settimana precedente. Era lunedì, una sera fredda di tardo autunno nella quale il tasso di umidità era altissimo. Le strade erano praticamente deserte, erano quasi tutti a guardare la Fiction di successo che trasmettevano settimanalmente sulla rete pubblica.
“Arrivo, amore, scusa se non sono riuscita ad essere a casa presto per festeggiare, ho dovuto concludere la compilazione di alcune pratiche che servono obbligatoriamente domani mattina...certo, non ti preoccupare, sono solo le 10.” Il cellulare di Veronica aveva segnalato con tre beep di essere a corto di batteria: “Tra una decina di minuti...” Ed il cellulare si addormentò. Speriamo abbia capito, capita sempre così! Tutte le cose importanti si concentrano in pochi momenti, che stress!
C'erano due ragazzi che discutevano animatamente sul marciapiede di fronte ad un bar. “Prova a richiamare la mia ragazza e ti spacco la faccia, capito stronzetto?”
E l'altro ragazzo, biondo, con indosso una giacca nera di pelle: ”Guarda che io la tua ragazza non l'ho mai chiamata, è lei che si fa sentire.”
“Non dire cazzate! Capito! Comunque sappi che se ti trovo a parlare con lei...insomma ti ho avvisato.”
“Uh! Che paura! Ho i brividi di terrore.” Stava fingendo il biondo e ci riusciva molto bene, non era esile ma non aveva certo il fisico del tipo moro con cui litigava, che invece sembrava un vero e proprio culturista, tutti i suoi muscoli trasparivano dalla sola felpa aderente che aveva addosso.
“Non fare il coglione! Non si scherza col fuoco! Ora basta, non voglio più perdere tempo con te, piccolo pezzo di stronzo. Ah...un'altra cosa...dì a tua madre di smettere di scopare qua e là, ormai l'unico che non sa di questa cosa è tuo padre.”
“Cos'hai detto?! Pezzo di merda!” Il biondo aveva cambiato di colpo l'espressione, non c'era più alcun segno di timore, nei suoi occhi si scorgeva l'ira, nel suo respiro, gli prudevano le mani ed improvvisamente fece un balzo in avanti e tirò un destro all'altro che rimase di stucco di fronte a quella reazione, il pugno era andato a segno e la mascella sinistra gli faceva male, se la massaggiava. Non credeva che sarebbe riuscito a provocarlo tanto, aveva ottenuto ciò che voleva, era soddisfatto, il suo desiderio quella sera era proprio arrivare alle mani, le provocazioni facevano parte di quel piano.
Veronica si era fermata a guardare la scena, inizialmente non aveva compreso fin dove quei due ragazzi si sarebbero spinti, ma dopo aver visto sferrare il primo colpo si rese conto che la situazione era sul punto di degenerare.
“E bravo Michael, hai avuto il coraggio di darmi un pugno. Hai fegato biondino” Michael si avventò nuovamente ma stavolta con tutto il corpo verso il ragazzo moro che però stavolta era attento, lo spinse via così forte da farlo cadere e guardandolo dall'alto: “Allora Michael, hai intenzione di continuare?”
“Vaffanculo Andrea!”
“Risposta sbagliata caro.” Gli sferrò una decina di calci, con un gioioso sorriso sulle labbra. “Che c'è? Non parli più? Biondino!” Ancora calci. “Ah! Come scopa bene tua madre!”
Ad un certo punto si sentì un grido soffocato. Doveva essere giunto da pochi metri da lì. Andrea si guardò intorno, non c'era nessuno sulla strada principale, se non una donna ferma di cui si era accorto solo in quel momento; s'incamminò verso l'incrocio della via su cui si trovavano e il piccolo viottolo laterale, un vicolo che non portava da nessuna parte visto che ad una trentina di metri si ergeva un muro alto almeno 3 metri a chiudere il passaggio.
Veronica si avvicinò al bar, Michael era ancora steso a terra, sembrava essere stato investito da un camion, delle gocce di sangue scendevano dalla sua bocca.
“Stai bene? Non voglio intromettermi ma forse sarebbe meglio chiamare un'ambulanza.” Chinandosi su di lui e con voce premurosa cercava di tranquillizzarlo.
Andrea scrutò il vicolo che era scarsamente illuminato, c'era solo un lampione all'incrocio che faticava a proiettare luce in quello spazio a cui lati incombevano due palazzi. Il suo sguardo si riempì di orrore: ”Porca puttana, è Lui! Scappate, laggiù c'è qualcosa, qualcuno, scappate!” E corse via in direzione della sua macchina che si trovava lì vicino, una sgommata e Andrea era ormai molto distante da lì.
Veronica, curiosa più che mai, si avvicinò a quella stretta via laterale. Fu colta dallo sgomento, paralizzata. E' un pupazzo, no! E' una persona quella! Cristo! Veniva sbattuta come un tappeto sull'asfalto, si udivano i colpi secchi delle ossa che impattavano per terra, qualcuno o qualcosa, alto almeno 2 metri e mezzo, stava martoriando con una violenza indicibile quel corpo, presumibilmente ormai senza vita. Veronica urlò.
Quella cosa si fermò, si volse verso di lei, almeno così sembrava, teneva il corpo della sua vittima sotto quello che pareva essere un braccio, doveva averle spezzato tra le altre articolazioni quella del collo, visto che la testa era quasi completamente allineata al contrario, sulla schiena, era un miracolo che fosse ancora attaccata al resto del corpo.
Veronica vide in quell'enorme massa due occhi, prima li aveva visto rossi e poi gialli, luminosi. Devo scappare o prenderà anche me! Ma era bloccata, ipnotizzata, qualcosa la stava tenendo ferma, anzi ora la costringeva a dirigersi verso di lui.
Michael si alzò da terra, camminava a fatica, raggiunse, compiendo grandi sforzi, Veronica: “No, voltati verso di me!” Cercò di svegliarla da quello stato di trance. “Non guardarlo negli occhi! Non guardarlo! Ehi!” Le diede uno schiaffo che la fece ridestare da quello straniamento.
Con un rapido salto la cosa saltò il muro e scomparve portandosi via il suo bottino di carne umana.
“Non potevo controllare il mio corpo, ero intrappolata, non avevo potere su me stessa.”
“Lo so, per fortuna ti ho presa in tempo. Devi stare attenta! E non essere mai troppo curiosa. Capito?”
“Ma quello? Cos'era? E quello che ha portato via era un uomo?”
“Allora non mi hai capito. Non è importante cosa sia, l'importante è stargli alla larga, quello che stasera qualcuno non è riuscito a fare. E ricordati: la curiosità in questo posto maledetto uccide.”
“Dobbiamo chiamare la polizia. Poi tu, ti sei ripreso? Avresti bisogno di andare in ospedale.”
“No, sto bene, solo qualche ammaccatura, niente polizia, dove hai la macchina?”
“Sono a piedi, abito poco distante da qui.”
“Non importa, vieni su con me, potrebbe essere pericoloso rimanere tutta sola.”
E Veronica accettò, non l'avrebbe mai fatto in altre situazioni, ma le emozioni si erano succedute con così grande velocità ed intensità che non avrebbe potuto rifiutare la compagnia di qualcuno. Non aveva mai avuto tanta paura come in quell'ultima mezz'ora; avrebbe comunque cercato di evitare di parlare di ciò che era accaduto, non devo essere troppo curiosa, cercava di convincersi, avrebbe seguito almeno un po' il consiglio di Michael.
“Non ci siamo neanche presentati.” Chi avrebbe pensato ad una cosa del genere in quei momenti. “Io mi chiamo Veronica, piacere. Sono stata trasferita da poco in questa cittadina, lavoro in una banca.”
“Piacere mio, io sono Michael, sono nato qui e qui vivo da sempre, che fortuna eh?”
“Non dai l'impressione di esserne molto felice.”
“Beh sai, è vero che qui c'è tutta la mia vita, i miei ricordi, i miei amici, ma questo rimane comunque un posto piuttosto particolare.”
“Ok. Sono arrivata, lasciami qui, scusa, continueremo a parlare un'altra volta, grazie del passaggio. Buona serata.”
Tutta quella quiete che Veronica cercava di far trasparire dalla sua voce e dal suo volto contrastava con le sensazioni orribili che tratteneva dentro di sé. Quella sera, aveva imparato da Michael, come quella gente si era abituata a vivere in un perpetuo stato di angoscia e d'impotenza.
“Magari ci rivediamo, mi farebbe piacere, la sera vado spesso nel bar dove mi hai trovato oggi. Buona serata.”
Michael fece manovra per tornare indietro e si dileguò in fretta tra gli edifici, casa sua era dall'altro lato della città.

25 ottobre 2005

Tarja via dai Nightwish?



A quanto pare il matrimonio tra i Nightwish, uno dei miei gruppi preferiti e la cantante Tarja Turunen, una tra le donne che "amo" di più, sembra purtroppo finito.
(Per saperne di più http://www.nightwish-italy.com/news/lettera_tuomas_tarja.htm)

Inno alla cocaina 3

Seconda parte e link per prima
http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/inno-alla-cocaina-parola-di-un-ignoto_12.html

Mia Helen, ho un intensissimo bisogno di sfogarmi, di sputare fuori tutto ciò che ho dentro, la memoria. Mi compatisco da solo, come deve fare spesso un clown, e ti scrivo come se tu potessi leggere, come se tu fossi qui davanti allo schermo, come una telespettatrice di cui tu sei però anche protagonista.
Vedo ancora davanti ai miei occhi tutti i momenti passati insieme a te, il prato verde dietro casa mia dove ci stendevamo per raccontarci le nostre storie, il nostro passato, quello che pensavamo di noi, del mondo, di ciò che ci capitava nelle giornate di lavoro, di studio, vivendo il presente come un semplice attimo che volevamo vivere; ricordo quando d'estate facevamo a gara a chi avrebbe mangiato l'ultima ciliegia dell'albero che aveva visto crescere il nostro amore con i suoi rami spogli, ghiacciati, poi con i suoi fiori, con tutti i suoi colori; così è diventato il nostro albero di ciliegie. Assaporare il tuo volto nel mistero della notte, il corpo ricoperto da porte aperte a secchiate di baci e carezze, sorrisi ed occhiate ammiccanti, piccoli morsi sulle labbra in sospirare, seducenti, spogliare la tua parigina nera trasparente e velata che scivola sulle tue forme, sul tuo seno, sulla tua schiena, sul tuo reggicalze e sulle tue calze a rete, si posa sul pavimento silenziosa, di fronte a me, tu, nel tuo splendore, la passione di una calda unione al lume di luna.
Mi manca il risveglio, quello dei tuoi occhioni assonnati che mi salutano mentre sto andando via, la tua voce ancora tiepida della mattina a sospirare: ”Devi proprio andartene amore?” Quanto vorrei risentire quelle parole, le uniche che invece sono rimaste a me: “Te ne sei già andata.”

23 ottobre 2005

Le ragioni di Bin Laden. 3° Parte.

Seconda parte e link per prima http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/le-ragioni-di-bin-laden-2.html

“Io mi sono sempre fidato di lei, del suo modo di condurre il lavoro, della sua capacità organizzativa, della sua intelligenza tattica, nutro però diversi dubbi sulla sua scelta di mettere nelle mani di quei tre agenti Operazione Trisha.“
“Non si deve preoccupare signor Presidente, sono i 3 migliori uomini che abbiamo tra le nostre file, non falliranno.”
“Forse lei non se ne rende conto, ma qui non si parla di azioni contro piccoli spacciatori di droga, di marijuana, di sottaceti, qui si tratta di colpire nel cuore il terrorismo internazionale e di salvare il destino della nostra nazione e di riflesso probabilmente l'intero Occidente. Lo capisce perché sono preoccupato?”
“Certo, io sono preoccupato quanto lei, ma i miei tre agenti sono gli unici che possono offrire garanzie sul successo dell'operazione.”
“Si ricordi anche che un loro fallimento significherebbe la perdita del suo incarico di lavoro e l'assunzione immediata in un McDonald di qualche cittadina sperduta del nord. Non credo questa prospettiva possa allettarla più di tanto, visto la sua storia da eroe.”
“Non c'è bisogno di ricordarmelo, so quali sono le mie responsabilità e i miei doveri. Ma sono certo che non la deluderò.”
“Mi aggiorni sulla situazione attuale. Come prosegue l'azione?”
“Signor Presidente ho dimenticato di dirle una cosa: ho lasciato carta bianca ai miei uomini, ho fiducia in loro e non voglio che nessuno dei miei comandanti interferisca nelle loro scelte, sono abituati a lavorare così, non hanno mai fatto errori rilevanti nel loro passato.”
“Lei vuole dirmi che non sono in contatto con voi? Che non comunicano niente di ciò che stanno facendo?”
“Esattamente. E' un rischio che ho deciso di prendere.”
“Lei è un pazzo! Se l'avessi saputo prima l'avrei sollevata dall'incarico.”
“Signor Presidente capisco il suo disappunto...ma...”
“Disappunto?! Sono incazzato nero, la prenderei a calci nel culo; si ricordi che se fallisce non lavorerà più in un McDonald, la legherò ad un missile che farò sparare sopra la sua splendida villa al mare e raccoglierò di persona e con grande piacere i brandelli di carne rimasti del suo corpo, dilaniati qua e là.”
“Nessuno fallirà.”
“Lo spero per lei! E per tutta la sua famiglia. Dunque quando potremo avere delle informazioni?”
“Quando l'operazione sarà conclusa.”
“E' una vera follia! Ora esca e faccia chiamare la mia stagista che ha bisogno di concludere un lavoretto sotto il tavolo, quello che lei ha interrotto con le sue pessime notizie. Dannazione. Con questa agitazione che mi ha messo non so neanche se mi si risolleverà! Se ciò non dovesse accadere non la legherò più ad un missile da lanciare sulla sua proprietà, la terrò a casa mia senza farla mangiare e bere, facendole il solletico finché non muore. Le piace come idea? Quello che farò del suo corpo senza vita lo deciderò poi sul momento. Se ne vada!”
Il generale delle forze di sicurezza e dei servizi segreti lasciò la stanza, visibilmente scosso e molto più preoccupato di quando era entrato.

6 Years and Kayla

Compro armi, legittima difesa. Nuovo giorno, nuova fobia. Tutto il sistema si autoalimenta. Tutti potenziali assassini.
6 anni per morire
6 anni un colpo di pistola
6 anni per uccidere
6 anni per la fine dell’innocenza
Mi presenterò a scuola, saluterò i miei compagni. Guarderò la televisione e comprerò una semiautomatica. Questo è un inno all’odio, alle stragi pianificate, dalla strategia della tensione al matrimonio violenza TV.
6 anni per morire
6 anni un colpo di pistola
6 anni per uccidere
6 anni per morire
Videocrazia, videofollia, premi il grilletto. Videocrazia, videofollia, premi il grilletto. Videocrazia, videofollia, uno, due, tre spara. Ancora, spara. Io sono nato e vivo qui, premo il grilletto e sparo come se ciò mi consolasse, come se ciò mi tranquillizzasse, come se ciò mi salvasse dal mio vicino. Stavolta però andrò io in televisione. Sarò io la star. Modificherò la procedura. Sarò l’eccezione che conferma la regola, perché sarò anche io prodotto che voi consumerete e vedrete senza che nessuno magari possa o voglia spiegarvi le ragioni, le cause, perché ciò avviene. Dirò con senso di forte avversione al comune costume che l’unica cosa di cui bisogna avere veramente paura è di se stessi come prodotti di questo vivere e sfoderando una pistola appena comprata perché ciò è legale e di diritto, me la punterò alla tempia sinistra e dopo aver detto “Dio benedica la vita, l’amore, il mondo più che l’America,” io mi sparerò pentendomene solo un po’. Sparo, perché sono figliolo della società, perché non so essere razionale, perché devo essere inconscio, devo temere senza sapere cosa. Per questo io mi sparerò e di questo un po’ godrò.
6 anni per morire
6 anni un colpo di pistola
6 anni per uccidere
6 anni per morire
Perché oggi ho letto sul giornale e ho visto in televisione. Io vivo di canone occidentale, quello più conforme alla morale, qualcuno ci ha definito neoprimitivi, ma bisogna preservare i legami tradizionali, noi moriremo tutti con una pistola in mano, perché la parola viene dopo il sangue, serve per convincere che lo spargimento è stato utile, ma soprattutto giusto, come se l'utilità e la giustizia fossero treni che corrono sempre nella stessa direzione. Io sono il figliolo perché oggi l'ho letto sul giornale, perché oggi l'ho visto in televisione, perché non mi hanno insegnato a mediare le informazioni, l'immagine. Perché l'uso della ragione è stato narcotizzato dalla necessità di scegliere, scegliere comunque, non capire.
6 anni per morire
6 anni un colpo di pistola
6 anni per uccidere
6 anni per morire

Boy, 6, Accused in School Killing New York Times, 3/1/00
MOUNT MORRIS TOWNSHIP, Mich., Feb. 29 -- A 6-year-old boy pulled a gun from his pants and shot a 6-year-old girl to death today in front of their first-grade teacher and classmates in this Flint suburb, the authorities said.
The boy fired a bullet from a .32-caliber gun inside Buell Elementary near Flint, 60 miles from Detroit, striking 6-year-old Kayla Rolland in the neck. She died a half-hour late

22 ottobre 2005

In ricordo di Antonio Russo

Antonio Russo era, fra le molte cose, un reporter free lance. Dopo aver studiato filosofia, aveva iniziato la professione giornalistica realizzando, circa dieci anni fa, il suo primo servizio, un reportage dalla Siberia. Lavorava di solito in regioni di crisi, spesso di guerra, dove si muoveva conducendo inchieste che per argomento e modalità richiedevano margini di rischio molto maggiori di quelli accettati dalla gran parte dei suoi colleghi. Era stato in Algeria nel periodo dei massacri integralisti, in Burundi e Ruanda durante la guerra hutu-tutsi, in Colombia, Ucraina, a Sarajevo durante l'assedio. Il suo nome divenne famoso durante la guerra del Kosovo, dove fu l'unico giornalista occidentale rimasto nella città assediata di Pristina. Per giorni non si ebbero sue notizie; aiutato dalla popolazione era riuscito a fuggire mescolandosi ai profughi albanesi diretti verso la Macedonia. Al suo ritorno, ricevette due importanti premi giornalistici. Un eco di quella vicenda arrivò anche sui giornali tedeschi. Da diversi mesi Antonio Russo era impegnato in Cecenia, da dove, muovendosi nei luoghi più caldi del fronte, inviava filmati e corrispondenze radiofoniche a Radio Radicale, l'emittente radiofonica per cui lavorava in Italia. Basta guardare quei filmati, per capire che dietro il modo di lavorare di Antonio c'erano un coraggio ed un impegno rari. La convinzione, semplice ma tendenzialmente fatale, che per raccontare un evento bisogna viverlo, diventava la molla che lo spingeva ad arrampicarsi sulle montagne cecene per incontrare i guerriglieri, per intervistarli e per condividerne, nella misura in cui è possibile, pezzi di esistenza. Da queste immersioni in realtà sconvolte ne emergeva raccontando con tutti i mezzi a disposizione, alternando la penna alla videocamera al microfono delle corrispondenze radio. Simpatizzando per i partigiani ceceni, ma testimoniando le atrocità della guerra da ambo le parti, Antonio aveva trasmesso materiale che gettava parecchie ombre sul modo di condurre la guerra da parte dei russi, non ultimo il probabile uso di armi chimiche. Negli ultimi tempi, Russo indagava sulla richiesta russa di espulsione dall'ONU del Partito Radicale, accusato di ingerenza nella guerra in Cecenia, considerata dalla Russia, come è noto, un "affare interno". Dopo aver raccolto del nuovo materiale, a suo dire particolarmente importante, Antonio Russo sarebbe dovuto rientrare a Roma il 16 di ottobre. Quel materiale però non è stato possibile visionarlo. Lunedì 16 ottobre 2000 il cadavere di Antonio Russo è stato ritrovato a 25 chilometri da Tiblisi, città in cui risiedeva da Luglio e che usava come base per entrare in Cecenia. L'autopsia ha stabilito che Antonio Russo, trovato con la cassa toracica fracassata dai colpi inferti con un oggetto contundente, è stato torturato prima di essere ucciso. Dal suo appartamento messo a soqquadro, sono spariti un telefono satellitare ed un computer portatile. Il commissario Nugzar Khambashidze, incaricato delle indagini, ha inizialmente affermato di poter escludere ogni pista politica. Nei giorni successivi le autorità georgiane si sono spinte a dichiarare "strane" le circostanze dell´omicidio e del ritrovamento del corpo, giungendo persino a non escludere che una qualche "pista politica" possa, tuttavia, sussistere. (La biografia è a cura del sito 'Futuri.it', riportata dal sito www.mediamente.rai.it.)

Se qualcuno volesse visionare alcuni video filmati proprio in Cecenia può trovarli al seguente indirizzo: http://www.radioradicale.it/cecenia_war/welcome.html.

21 ottobre 2005

Io bacio le tue labbra

Io bacio le tue labbra, ancora e ancora per baciare le tue labbra per sempre, mi sono fatto una mela di te, quelle di Adamo ed Eva erano marcite in cantina. Sono fuori di te come un eroe di una siringa in vena di eroina, tu come lei in parallelo, e godo godo divinamente tanto quanto godo materialmente, è un periodo che non mi tira, non me ne basta una, il troppo pensare, ommioddio, la mia guida per mandare a puttane una storia. Ti porto mano nella mano verso la fine più tragica e ubriaca. Sono infinitamente inutile rispetto all’età dell’universo, al più nascosto dei buchi neri. Tutto esiste nei miei viaggi interstellari. E' vero, lo ammetto, non sto tanto bene, forse dovrei sboccare, sputare i miei sogni per godere delle tue labbra che non sono sogni ma labbra. Io bacio le tue labbra, ancora e ancora per baciare le tue labbra per sempre. La religione mi rende puro, non deve farmi sentire impuro, impurità batterica, filamenti di salive. Dì addio a questo mondo solo per amore e per nient’altro. Un gioco di carte senza le carte, una X per firmare il tuo anonimo stato. Dì addio alla concorrenza perfetta, che Dio il Big Ben non ce l’ha insegnato. L’inizio e la fine saranno per l’uomo solo teorie mentre la vita e la morte terrestre un evento visto. Io non andrò a pregare sulla mia tomba, del resto come sempre ci si trova nel lato sbagliato. “Chi giudica dovrebbe essere anche l’imputato.” Ognuno di noi dovrebbe morire, almeno una volta nella vita, esclusa la prima, esatto, due volte nella vita. La coscienza non è sempre logica e semplificata. Negli occhi primaverili di mia madre felice vedo la purezza dell’amore che Dio ci ha permesso di dare a ogni persona che lo merita, forse anche chi non lo merita ne avrebbe bisogno. Io, i miei difetti, i pregi e l’eternità, una questione a-temporale, perché Gesù è morto in croce, NOI tutt’al più in televisione. Leucemia e cancro in un unico momento in foto bianco e nero. Un colpo di pistola Beretta 98. È tutto a posto, solo che è autunno. Leccherei il tuo seno, i tuoi mamilos delicati raggelati e coscienti, per chissà quale motivo, in verità lo sappiamo entrambi e non solo, se rimani sì, ne godrai, scenderò lungo il tuo corpo come un velo di seta nero, sospirante, che si sveste per scendere dalla tua bocca, dall’ombelico, ancora più giù, con la lingua scivolerei nelle tue più calde nudità per sentirmi poi dentro di te al ritmo del mio cuore che batte i ritmi della nostra passione. “L’amore non può essere l’eccezione.” Vedere poi possederci lungo i fianchi e il sole tramontare lungo le corde, tra i polsi così vicini e stretti, una sorta di ribellione poi un abbandono così precoce. E un vecchio artista pensava ad alta voce: “Io sto morendo, ma quella puttana di Emma Bovary vivrà per sempre.” Questo è ciò che vuole il mio artista, un ricordo oltre la materialità. la necessità, il dolore, la schiavitù, i rimpianti e la fine di un esistenza. Il mio mal di testa mi urla: “Basta, è tardi, dobbiamo dormire! Domani splenderà il sole e dovremo mangiare ed amare.” Il raggio di Schwartzchild è stato oltrepassato e corro come un ridente pazzo verso la frizzante antimateria, esisto ma solo altrove, in altri universo spazio-tempo e so che ovunque vado io bacio le tue labbra ancora e ancora per baciare le tue labbra per sempre. Credo proprio che al momento non ci sia nulla da fare.

20 ottobre 2005

Marco ha 18 anni

Finalmente Marco aveva compiuto 18 anni, era adulto, aveva la patente; gli avevano già comprato la macchina, era tutta sua, nuova di pacca, una Lexus SC, come prima vettura era proprio un bel colpo; suo padre del resto non stava a lesinare quando si trattava di spendere soldi, di certo non ne aveva bisogno, era proprietario di una grande azienda d’informatica che produceva principalmente software di gestione contabile per le imprese.
Marco e la sua SC si sono stampati contro un platano a più di duecento all’ora al rientro da discoteca, verso le cinque del mattino, il suo corpo è stato trovato steso senza vita in un campo, ad una trentina di metri dalla macchina che tutto sembrava meno che un’automobile.
Al suo funerale il prete spese alcune parole, quelle di rito, per il ragazzo scomparso, con la superficialità a cui spesso si assiste in quei momenti.
”Le persone che gli sono state intorno lo ricorderanno come un bravo ragazzo, simpatico, intelligente, che amava stare con gli altri. Così lo vogliamo ricordare. Uniamoci nel compianto e preghiamo affinché possa stare vicino a Dio.”
Da lontano si sentì una voce, una voce inizialmente indecisa e tremante, sicuramente emozionata, ma che acquistò vigore dopo qualche parola: “Ricordiamolo per come è morto, da testa di cazzo!”, e in chiesa si sollevò il gelo. La voce continuò:”Le responsabilità vanne date alle persone che le hanno, in macchina c’erano altri due ragazzi che non sono morti solo per un fortunato caso, chissà se poi questa è fortuna, lo dirà il tempo, la vita c’è stata data, bisogna insegnare il suo valore, se per qualcuno la vita non ha più un senso o crede di poterla sfidare credo possa farlo, ma non ha il diritto comunque di mettere in pericolo quella di altri, rallegratevi e non piangete, del resto è stato vittima della sua stessa stupidità, sembro severo ma purtroppo è così, la verità è la cosa più importante, io lo rimpiango molto ma non piango, lo conoscevo bene, il mio migliore amico, mi sembra sbagliato sbandierare al vento ed enfatizzare con questa superficialità il suo modo di essere, i suoi pregi, era un ragazzo come tanti altri e secondo me anche molto fortunato, aveva tutto ciò che può volere uno della sua età, Marco...Marco...mi dispiace Marco dire queste cose ma sono sicuro che capisci e che ci rivedremo presto, così scherzeremo ancora insieme, quanto mi manchi Marco! Ti raggiungerò, ho deciso, ti raggiungerò!”.
E risuonò un tuono, sembrava un tuono, riverso all’entrata della chiesa c’era il corpo di un uomo, con la testa immersa in una pozza di sangue e gli occhi rivolti verso il cielo. Il prete riconobbe il volto di uno degli amici di Marco che era in macchina con lui quella tragica sera di rientro da discoteca. Ci fu un momento di silenzio tombale nella chiesa, stupore, finché si sollevarono le prime strazianti grida, erano i familiari del ragazzo, la folla si era compattata intorno al corpo, quell'immagine rimase stampata nelle loro menti per sempre.
Dei tre vecchi amici sopravvisse solo Stefano, quell’esperienza cambiò totalmente la sua vita, iniziò a dedicarsi agli altri, aiutare le persone in difficoltà era diventata la sua missione. Si laureò in medicina, diventò primario di un noto ospedale della zona e passò la vita a promuovere quotidianamente iniziative contro le stragi del sabato sera.
Sulla dinamica dell'incidente Stefano, che era di fianco a Marco che guidava, aveva omesso alcuni particolari inquietanti che decise di tenere nascosti per sé, nessuno avrebbe creduto a ciò che aveva visto quella notte sulla strada, qualcosa di mostruoso che si era materializzato improvvisamente a pochi metri di fronte alla macchina, Marco aveva tentato di evitarlo riuscendoci ma sbandando fuori strada, la velocità era troppo alta, la vettura incontrollabile. Il seguito tutti lo conoscevano.

18 ottobre 2005

La danza dei matti

Ispirata a Edgar Allan Poe

Morsi di tarantola

La tarantola è immobile
sul cuscino del tuo letto.
La fissi dalla porta
con terribile angoscia.
Sei il suo nemico.
Ti giri lentamente
per scappare.
La tarantola cammina,
si muove velocemente,
piccoli e silenziosi passi
verso di te, la sua carne fresca,
e si avvicina sempre di più.
Il corridoio sta per concludersi,
pochi passi sono rimasti,
si è concluso, è murato.
Sei raggiunto: signori e signore,
che le danze abbiano inizio!
Ecco i morsi della tarantola
tanti morsi a fitte lancinanti di dolore.
Steso sul pavimento e teso a spasmi,
la guardi trionfante con occhi sorridenti
mentre il suo veleno ti strangola.
Danzi come un matto sulla disfonia
delle tue grida a strappi.
E alla fine sai che non vivi.
Ultimo Tango all'inferno: eterno.

17 ottobre 2005

Nico Guzzi

In molti mi chiedono se Nico Guzzi è una domanda e se quando si scrive alla fine bisogna mettere anche il punto interrogativo; considero doveroso, dunque, chiarire la questione per fugare ogni dubbio ed evitare le solite spirali di Gossip e d'invenzioni giornalistiche che inevitabilmente vengono create intorno al mio personaggio, scomodo aggiungerei io, nel senso che la sedia sulla quale è posato il mio fondoschiena è tutt'altro che morbida, simile a quelle usate per le torture medioevali.
Così alle domande sopracitate io rispondo che dipende dalle volte, da come girano le cose, e per quanto riguarda il modo di scrivere se uno proprio vuole mettere il punto interrogativo dopo Nico Guzzi allora per completezza e maggiore espressività deve aggiungere anche una virgola, cioé: "Nico, Guzzi?"
Mi fermo qui dopo questi diamanti di cultura e di linguaggio popolare.

L'ignoto strafatto. Terza parte.

(Seconda parte e link per prima http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/inno-alla-cocaina-parola-di-un-ignoto_12.html )

Helen, Helen non c'è più.
Si specchiava nella televisione che stava spenta ad osservare con la sua spia rossa un uomo steso sul suo divano in pelle, ormai da tre giorni, tre lunghi ed interminabili giorni di silenzio.
Helen pochi giorni fa dormiva insieme a me, su questo divano, Titanic, l'avevamo visto la settimana scorsa, “scontato e mangiasoldi di tragedia, gusto perverso per il dramma” io le avevo detto, io volevo rivedere dopo 15 anni Trainspotting, in realtà non riuscivo ad ammetterlo di fronte a lei, eppure Titanic mi piace tantissimo, la storia mi prende dall'inizio alla fine; ricordo gli occhi lucidi alla fine del film, poi quella battuta che ho fatto su Di Caprio e lei che si è messa a ridere come una pazza, quanto ho riso anche io, eravamo piegati in due dalle risate, aveva i capelli raccolti quella sera, era fantastica, come sempre lo era, era e ora, ora?
Si alzava solo per bere qualche sorso d'acqua, mangiare crackers o pezzi di pane secco e per svuotarsi dei bisogni fisiologici, l'espressione era quella della più intensa assenza, lo sguardo era perso, vuoto come la casa. La barba era spuntata e continuava a crescere sul suo viso solitamente liscio e senza l'ombra di un pelo.
Helen è morta.
Ogni tanto si arrendeva, piangeva come un bambino che si sveglia nel profondo della notte cercando di trovare una persona cara nella quale scorgere tranquillità e protezione. Non c'era nessuno in quel paradiso della materia e della lussuria. Le lacrime non facevano che rendere visibile alle pareti di una villa il dolore insopportabile che logorava la sua coscienza.
Che cosa ho avuto dalla vita? Che cosa ho dato? Ho ucciso.
Si addormentava e risvegliava frequentemente, dormire gli sembrava un modo per lenire la sofferenza, la soluzione più semplice. Gli occhi tornavano ad essere bianchi per poi ridiventare rossi e gonfi. Si era fermato sul limite di una strada chiusa oltre il quale l'unica cosa che si può fare è cambiare strada.
Helen è tutta colpa mia, avrei dovuto morire io, me lo sarei meritato, tu no, tu non te lo meritavi, ti ho trascinato io, ho ucciso il mio amore, adesso non ci sei, non ci sei più.
Lacrime, sorsi d'acqua e pezzi di pane secco.

15 ottobre 2005

La mia vita da fuggitivo

Sto per pubblicare la terza parte di “Le ragioni di Bin Laden”(seconda parte e link per prima http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/le-ragioni-di-bin-laden-2.html). Ieri sera mi è stato chiesto tra le altre cose qual'è il legame tra Bin Laden e la storia che racconto, io posso solo dire che si svelerà nel proseguo della vicenda creando certamente grande scalpore, è tutto così ridicolo; come direbbe Lucarelli se questo fosse un film sarebbe paragonabile per intensità a “Psycho”, per delirio a una “Pallottola spuntata” e per il tono rivelatore di ogni verità sul terrorismo a Radio Maria. Come direbbe sempre Lucarelli con le mani quasi giunte e il suo famoso gesto: “Paura eh?.” Devo creare quel filo di tensione ed interesse perché qualcuno legga dall'inizio alla fine questo racconto, che il governo, tra l'altro, ha tentato e tenta tuttora di censurare, ma la verità, come si sa, non si può arrestare. Io intanto per precauzione cambio casa ogni due giorni, uso telefoni satellitari per poche chiamate e di pochi secondi e li distruggo subito dopo, quando vado in bagno faccio sempre meno rumore possibile e quando faccio l'amore non uso il preservativo per non lasciare tracce nell'”ambiente circostante alla donna”.
Una volta per un niente ci lasciavo le penne. Stavo tornando da una discoteca, c'era la nebbia, era Ottobre, la strada era deserta e la visibilità molto scarsa, ad un certo punto a circa un quarto d'ora da casa mia è uscita da una laterale, sgommando, una macchina, mi insegue, mi dico, allora ho iniziato istintivamente ad accelerare, accelerava anche lei, io avevo una vecchia macchina però, la "Piccola Punto", loro una Ford di grossa cilindrata e sicuramente con motore truccato, come faccio a seminarli? Pensavo, io continuavo a spingere al limite il mio piccolo abitacolo a motore, due colpi di pistola sono passati a pochi centimetri dalla gomma posteriore sinistra, mi vogliono uccidere! Devono essere ancora i servizi segreti, quando superato un ponte in uno spiazzo al bordo della strada c'erano i Carabinieri che avevano piantato un posto di blocco, uno di loro si è avvicinato alla carreggiata alzando la paletta; adesso sì che sono messo male; l'Alfa però si era fermata molto prima di me avendoli visti, ha fatto inversione ed è scomparsa. Mi sono preso una multa per eccesso di velocità ma mi sono salvato quella notte. Da allora cerco di prendere ogni precauzione possibile.

12 ottobre 2005

Inno alla cocaina: parola di un ignoto strafatto. 2

Prima parte http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/inno-alla-cocaina-parola-di-un-ignoto.html

“Cristo, che mal di testa! Ma che ore sono? Le 5 e 18.” Non ricordo neanche quando sono andato a letto. Devo andare a prendere assolutamente qualcosa per la testa. Helen sul pavimento? Ma che..
“Helen cosa ci fai stesa sul pavimento? Te l'ho sempre detto che dovresti andarci piano con la bianca? Prima o poi..Helen! Helen! Alzati! Porca Puttana! Come sei fredda e pallida, perché non mi rispondi?” Cristo, bisogna chiamare un'ambulanza, ma prima devo andare in cucina a prendere assolutamente un Aulin, un'aspirina o quello che trovo. Qui no, qui no, dove cazzo sono! Perchè devo mettere sempre le mani nelle mie cose! Ah ecco, trovate! Adesso devo chiamare l'ambulanza, prima devo andare in bagno però. Ok, andiamo a prendere il telefono.
“E rispondete! C'è una donna! C'è una donna priva di sensi in casa mia, non si muove, non apre gli occhi, non so se respira! Credo di sì, almeno, mi sembra di sì, non lo so cos'è successo, stavo dormendo, sì, ma non credo stia tanto bene, è bianca e fredda, aspetto! Fate presto! Via Milano n.3.” Dai su, dopotutto Helen sei una donna forte. E se non stesse poi così bene Helen?
Cosa gli dico quando vengono a prenderla? Niente, non gli dirò niente, lo scopriranno da soli quello che è successo ed io sarò arrestato e condannato, cioè rovinato. Devo stare calmo, porca puttana. Helen è una donna forte. Che cosa ho fatto? Che senso ha? Non volevo tutto questo, non lo volevo; sono rovinato! Basta! Devo smettere di pensare. Lo dicevo che Helen non è adatta a questo stile di vita, sono rovinato!
“Helen stai tranquilla, adesso arriva l'ambulanza, ti portano all'ospedale e in un paio di giorni ti sarai ristabilita. Risolveremo tutto ed insieme smetteremo di prendere tutta quella merda, noi siamo forti lo stesso, non ne abbiamo bisogno. Sai, a volte non mi rendo conto di quanto sei bella, dolce, di come ti tratto male, tu meriteresti un uomo più in gamba di me, guardati, sembri un angelo, tu sei la cosa più splendida che mi è stata donata dalla vita ed io troppo spesso lo dimentico, ma d'ora in avanti non butterò via più tempo per le inutili stronzate. Io non ho mai avuto il coraggio di dirtelo Helen, eppure ora lo so, ti amo, ti amo troppo, non ti lascierò mai, ti amo”
E dai! Cristo, ma quanto ci mettono! (Quando c'è un urgenza il tempo sembra fermarsi e tutti quelli che dovrebbero aiutarti sembrano non arrivare mai.) Vediamo come sono messo in faccia, sembro un cadavere, non importa, ci sono altre cose a cui pensare.
“Finalmente! Entrate, secondo piano, la porta è aperta...è nella stanza da letto.”

L'ambulanza andò via come un missile a sirene spiegate, era tutta una farsa però, il medico e gli infermieri sapevano che era ormai troppo tardi per Helen.
Secondo l'autopsia la sua morte era avvenuta intorno alle 2 e mezza di notte.

Tragedia in 3 atti

"L'amore una sola volta"

1 L'inizio

Il turbamento dal timbro grave, un padre
la cadenza psichedelica della follia
pulsava a rintocchi come istantanee nella mente
una bambina, la sua bambola, il suo stupro

Il turbine della vergogna ricacciata
nei seminterrati dell'ES, sottovoce
urla il cantico della vendetta, l'odio
e la sconfitta che l'uomo si tramanda

La turba dimentica con frigida allegria
stucchevolmente salottiera spara su di lei:
“Se un fiore è sfiorito forse non è degno
forse la colpa è sua, forse se lo merita”

2 La sentenza:

Il giudice Popolo ti condanna a te stessa
Nessuno si ricorderà dei tuoi sorrisi, dei tuoi pianti
Nessuno verrà a cercarti, nessuno ti ascolterà
Il giudice Popolo ti condanna alla solitudine

3 L'epilogo

Si addormentò nel silenzio, “E' finita”
sanciva con una lacrima filare
il volto da ogni espressione svuotato
L'abbuffata di Dolofina la condusse
a sognar un avvenire, anche solo non soffrire

11 ottobre 2005

La moltiplicazione dei pani

Il blog "fresco fresco" aperto di un amico, http://cecedailynews.blogspot.com/

Varie citazioni tratte dai film di Woody Allen

E' sporco il sesso? Solo se fatto bene.

Sonja: Oh no, Boris, no! Ti prego! Il sesso senza amore è una vacua esperienza.
Boris: D'accordo ma... nella sfera delle esperienze vacue, è una delle migliori!

Il cieco: Davvero ritieni che esista la compagna ideale? Voglio dire, non credi che alla base di qualsiasi rapporto maturo ci sia, in realtà, un compromesso?
Sandy: Secondo me, ehm, qualsiasi rapporto non si fonda sul compromesso... né sulla maturità, né sulla perfezione, né altre menate del genere. Si fonda, in effetti, solo sulla fortuna. E' questa la chiave di volta. Non piace ammetterlo perché, sai ciò comporta perdita di controllo, ma, sul serio, hai da avere un bel po' di fortuna.

Il timore della separazione è un interessante fenomeno psicologico. Una volta, da sposato, dovetti partire per Washington. E benché fossi io che partivo, mi sentii male. Invece, quando tornai diede di stomaco mia moglie.

Ripensai a quella vecchia barzelletta, quella in cui c'è questo tizio che va dallo psichiatra e gli fa:
"Dottore, mio fratello è pazzo. Crede d'essere una gallina." E allora il dottore gli dice: "Ma perché non lo rinchiude in manicomio?" E quel tale gli risponde: "Già! Ma poi dopo, l'ovetto fresco, a me, chi me lo fa?" Insomma, mi pare ch'è proprio così, grosso modo, che la penso io, riguardo ai rapporti umani. Mi spiego, sono del tutto irrazionali e pazzeschi e assurdi e... ma... mi sa tanto che li sopportiamo perché, hm... tutti quanti... più o meno ne abbiamo bisogno, dell'ovetto fresco. D'un tratto lui e Juliette stavano facendo l'amore... o soltanto del sesso? Lui lo sa che c'è una bella differenza fra sesso e amore, ma trova che siano due cose splendide, all'atto pratico.

Tenete anche presente che per l'amante l'amata è sempre la cosa più bella del mondo, anche se un estraneo non la distinguerebbe da un bidone di spazzatura. La bellezza sta nell'occhio di chi guarda. E se chi guarda ha la vista difettosa può chiedere alla persona più vicina quali sono le ragazze più carine (in verità le più carine sono quasi sempre le più noiose ed è per questo che molta gente non crede in Dio).

Grazie a Dio sono ateo
Danny: Il mio rabbino, rabby Perlstein, diceva che siamo sempre in colpa agli occhi di Dio.
Tina: Perché, tu credi in Dio?
Danny: No, però mi ci sento in colpa.

Non solo Dio non esiste, ma provatevi a trovare un idraulico durante il week-end.

Mio padre ha preso da sua zia Mary... Rifiutava la Bibbia perché diceva che il personaggio principale non era assolutamente credibile.

Scienziato: Einstein, alla festa per il suo settantesimo compleanno, ebbe a dire, facendo un brindisi "dio non gioca a dadi con l'universo".
Gabe: No, gioca solo a nascondino.

Metti che tutto sia illusione e niente esista? Ma allora avrei pagato uno sproposito per quella moquette! Se solo Dio potesse darmi un segno! Per esempio intestandomi un conto in qualche banca svizzera.

Il motivo per cui la carne di maiale sia proibita dalla legge ebraica è tuttora poco chiaro e alcuni studiosi ritengono che la Torah suggerisca semplicemente di non mangiarla in taluni ristoranti.
Purtroppo, i nostri politici sono o incompetenti o corrotti. Talvolta tutt'e due nello stesso giorno.

Il governo è sordo ai bisogni dell'uomo medio. Quelli poi al di sotto della media non riescono neanche a parlare con la segretaria d'un sottosegretario, per telefono. Non nego che la democrazia sia pur sempre la migliore, fra le forme di governo. Perlomeno, in democrazia le libertà civili sono garantite. Nessun cittadino può essere torturato ad arbitrio, imprigionato o costretto ad assistere a certi spettacoli di Broadway.

Eppoi Freud - altro grande pessimista! Gesù, sono stato in analisi per anni. Non è successo niente. Il mio analista, per la frustrazione, cambiò attività. Aprì un self-service vegetariano.

Possiamo noi realmente "conoscere" l'universo? Dio mio, è già abbastanza difficile trovare la strada per uscire da Chinatown.

Tuttavia questo è il punto: esiste qualcosa al di fuori della nostra coscienza? E perché? E perché devono fare tutto quel chiasso?

Ike: Il talento è fortuna. Penso che la cosa più importante nella vita sia avere coraggio.
Emily: Sono vent'anni che discutono di questo.
Ike: Sentite questo esempio che vi faccio: se noi quattro stessimo tornando a casa camminando sopra un ponte e ci fosse una persona che sta annegando giù nell'acqua, avremmo il coraggio... Ci sarebbe uno fra noi che avrebbe il coraggio di tuffarsi nell'acqua gelata e salvare quella persona dalla morte?
Yale: Gettarsi nell'acqua e salvarlo.
Ike: Perché... questa, questa è la domanda chiave. Ecco, tu lo sai, io... io proprio non so nuotare quindi non dovrei mai pormela.

Il mondo, a quanto pare, si divide in buoni e cattivi. I buoni dormono meglio, pensò Cloquet, ma i cattivi da svegli si divertono di più.

Oh, Dio, come vacilla la mente, quando si volge a considerazioni morali o etiche! Meglio non pensare troppo. Affidarsi di più al corpo: del corpo ci si può fidare. Fa atto di presenza alle riunioni, fa bella figura in giacca sportiva, e torna soprattutto molto comodo quando ci si vuol dare una grattatina.

Non tutti gli UFO possono risultare extraterrestri, ma gli esperti concordano nel ritenere che qualsiasi rilucente apparecchio sigariforme capace di sollevarsi verticalmente alla velocità di ventitremila chilometri al secondo richiederebbe una manutenzione particolare e candele d'un certo tipo, disponibili solo su Plutone. Se tali oggetti effettivamente provengono da un altro pianeta, la civiltà che li ha progettati e prodotti dev'essere più avanzata di milioni di anni della nostra. O sono più avanti, o più fortunati.
Il professor Leon Speciman ipotizza una civiltà extraterrestre più avanzata della nostra di circa quindici minuti. Ciò, secondo lui, dà loro un grosso vantaggio su noi, poiché non hanno bisogno di scapicollarsi per arrivare puntuali agli appuntamenti.[...] La domanda che più spesso ci si pone riguardo agli UFO è: "Se quei dischi vengono dallo spazio siderale, perché i loro piloti non tentano di mettersi in contatto con noi, anziché librarsi misteriosi sopra lande desolate?" La mia teoria è che per gli abitanti di un altro sistema solare "librarsi" possa essere un modo di comunicare socialmente accettabile. Anzi, potrebbe essere piacevole. Io stesso mi sono librato sopra un'attricetta diciottenne per sei mesi, una volta, ed è stato il periodo più bello della mia vita.

D'interessante c'è che, secondo gli astronomi moderni, lo spazio è finito. E' un pensiero confortante, specie per chi non ricorda mai dove ha lasciato gli occhiali.

Il dottor Twelge ha scritto un'eccellente storia degli avvenimenti soprannaturali che copre l'intera gamma dei fenomeni medianici, dalla telepatia all'esperienza bizzarra di due fratelli che abitavano in parti opposte del globo, uno dei quali ha fatto una volta il bagno mentre l'altro diventava improvvisamente pulito.

Vivere i giudizi come sentenze

Non sentire più nulla del mondo sensibile, un amore con la certezza di non soffrire, un solo epilogo, il paradiso come assenza di dolore; la fatica di addormentarsi e poi al mattino la voglia di non rialzarsi, per quale motivo svegliarsi? La notte piovosa, le luci pallide dei lampioni che si riflettono sulle lastre d'acqua dei viottoli oscuri e sperduti di città, qualche drogato, uno scrittore, un poeta piuttosto ridicolo e trasandato; lo squallido ritardo con cui si presentano di fronte alle porte della felicità. Saltare su se stessi, pestare il proprio corpo, l'autodistruzione, non essere mai perfetti e comprendere che la perfezione che rincorriamo non è altro che la peggiore perversione, il meccanicismo delle mode televisive, la cultura della popolare superficialità, la posizione è quella solita del missionario, la missione è quella solita, godere e far godere, un modello politicamente corretto, occidentale, traslato nella sfera sessuale, una volgarizzata prestazione e le persone ci credono, inconsciamente forse anche io; cercare di essere L'UNO e chiedersi dopo un attimo di smarrimento “Sono qualcuno io?”; svendere la propria esistenza al miglior offerente e non al miglior cliente; si può vivere non desiderando nulla? Il mangiafuoco dell'anima esiste? No, forse no, anche chi non desidera nulla vuole solo auto-convincersi, vorrebbe non avere nessun desiderio per non dipendere da nessuna cosa, da nessuna persona, ma questo è quasi impossibile. A proposito di queste considerazioni ci sono interessanti studi di sociologia (nei quali mi sono potuto addentrare con fanciullesca curiosità durante il mio iter universitario) e psicologia; dipendenze quali alcol, droga ma anche malattie alimentari come bulimia o anoressia rappresentano proprio il tentativo di ribellione agli inevitabili rapporti di interdipendenza che si creano tra le persone, il tentativo di poter controllare, di poter non dipendere dalla bottiglia, “smetterò” ripete l'ignoto strafatto ma senza riuscirci, di poter controllare gli altri, il loro giudizio (che troppo spesso si è portati a considerare una sentenza), attraverso il completo dominio dei propri bisogni alimentari, del proprio appetito. Quale astratta e fantasiosa creatura sarebbe altrimenti la solitudine? Un uomo percepisce la propria solitudine quando sente il bisogno di un'altra persona, quando la vuole avere vicino in quel momento, anche in silenzio, questo fenomeno è tutt'altro che frutto di un'accentuata sensibilità, chiunque in qualsiasi momento della sua vita può sorprendersi solo mentre sta guardando la tv, mentre sta andando a lavorare, mentre si sta addormentando sul suo letto dopo essere uscito con i propri amici; il problema è sempre quello di comprendere che non è un dramma, superare i momenti di solitudine vuol dire diventare più forti per poi darsi al mondo per come si è, senza più l'affannante ansia di essere condannati che comunque rimane nell'uomo, in forma latente magari ma non c'è nulla da fare, perché è sempre legata al dato di fatto dell'interdipendenza tra gli individui nella società, piccola o grande che sia.

10 ottobre 2005

E il passato era passato veramente: l'inquietudine

“Ciao! Ma allora sei proprio tu? Come stai?”
“Abbastanza bene, non c'è male, vivo, e tu tutto a posto?”
“Sì, bene. E' da tantissimo che non ci vediamo, non sembri cambiata granché; lavori ancora come commessa in quel negozio di biancheria intima?”
“No, mi sono licenziata, la titolare era insopportabile, ogni volta cercava una scusa per toccarmi! Fosse stata un uomo almeno”
“Mi dispiace, e adesso cosa fai?”
“In questo momento sto per ordinare un Martini rosso e tu?”
“Io lavoro qui, quindi ti porterò il tuo Martini rosso tra un momento.”
“Lavori qui?! Dopo una laurea specialistica e un master a New York.”
“Beh, come vedi non tutto va sempre nel verso giusto. Sì! Solo un momento! Arrivo! Scusami Elisa ma non posso stare più a parlare con te perché ci sono troppi clienti stasera e il Capo poi s'arrabbia. Adesso ti porto il tuo Martini.”
Per una decina di anni erano stati legati da una profonda amicizia, “Profonda amicizia? Forse qualcosa di più!” affermavano gli altri maliziosamente, ma dopo soli due anni di allontanamento sembravano non conoscere più nulla l'uno dell'altra. Era una sensazione di vuoto, un passato che appariva ora lontanissimo, remoto, quasi una fantasia della mente.

09 ottobre 2005

9 Ottobre

Oggi è il 9 Ottobre, Domenica, è finalmente spuntato lassù, in cielo, il sole, dopo una settimana di acquazzoni. Per quanto riguarda questo magnifico tempo potrei anche azzardare un'ipotesi: forse è per concedere a una ragazza di nome, non importa, lei lo sa, la gioia di vedere il suo volto, i suoi occhi, il suo corpo essere illuminato dai raggi dorati che sembrano ancora più luminosi dopo una settimana in bianco e nero e senza colori vivaci.

Le campAne canarine risuonano
e ondeggiano sul mezzogiorNo
per un ora dI immobile armonia.
Svegliarsi sulla Tua schiena
rEspirando i tuoi sorrisi sornioni
come diVina esperienza oLtre coscienza.
Ma questo giorNo accudirà in grembo
sorsi di champAgne e d'amore
morsi in panna e in rosso di fragole?
Questo giorno non si alzerà indigesto
dal magico letto della notte
per accompagnare solo carrelli di noia?
Io lo so, è il tuo compleanno
e sono sicuro, porterà di certo gioia!

07 ottobre 2005

Quello che capita

Mi sono soffermato sul nome Bianca e ho notato che mi piace tantissimo, purezza, bellezza, calore; diciamo pure che anche uno dei tanti nomi con cui “affettuosamente” viene chiamata la droga, “sarà anche per questo che mi piace” direbbe il nostro amico (l'ignoto strafatto di http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/10/inno-alla-cocaina-parola-di-un-ignoto.html). A questo punto sembra facile capire che scrivere è solo un esercizio di scrittura, scrivere qualcosa di interessante è un esercizio di cultura, cioè di uso delle parole ma soprattutto un frutto dell'espressione del pensiero oltre che una descrizione di un qualsiasi argomento. Aggiungo a questo punto che ciò che sto dicendo sta venendo fuori un po' casualmente, sto continuando a digitare i tasti di questa nera tastiera semplicemente per sentire il loro suono, è quasi come ascoltare Flight of the bumblebee(Il volo del calabrone); la creazione di mondi, nuove realtà; è come alzarsi sul mondo descrivendo il mondo, è come costruire una realtà nella realtà; l'atto creativo di ogni forma d'arte è un dono intrinsecamente indefinibile, affascinante ed unico. Non vedo l'ora che in Italia rinasca una nuova Democrazia Cristiana(ironizzo!) e a proposito sul sito di Repubblica è stata riportata una barzelletta:

Nerone preoccupato dai sondaggi chiede a Tigellino di organizzare qualcosa per far crescere la sua popolarità.
Nerone si rivolge a Tigellino 'Inventami qualcosa...'.
'Che ne dici - gli risponde Tigellino - di 15 leoni gajardi e 150 cristiani? Sai che bello, riempiamo il Colosseo con una folla incredibile, sai che spettacolo.'
E Nerone, 'Mi raccomando i leoni forti eh...',
'Tranquillo, imperatore, vedrai che combinano, non gli diamo da mangiare per 15 giorni...'.
Arriva il gran giorno e i leoni entrano nel Colosseo ruggendo, mettendo quasi paura agli spettatori delle prime file. Poi scendono nell'arena i 150 cristiani. A quel punto si forma una grande confusione, una nuvola, grida, urla, canti. Dopo un po' si alza la nebbia, finisce la confusione e si vedono i 15 leoni stecchiti a terra e i 150 cristiani salmodianti.
Allora Nerone, irritato, si rivolge a Tigellino: 'Ti avevo detto cristiani, non democristiani....'

In silenzioso evaporare

Polidipsia ermeneutica
da diabete conoscitivo
Il pubblicitario geco notturno grida:
“E’ tragedia solipsistica!”
E un mentore protervo
è il peggior fingitore
vi ha dipinto un mausoleo
sulla sua fossa comune

E quel giorno deposto Crono
al trono dei sotterranei
Ade fu introdotto
poi sedotto da Persefone
“Che vergogna!” si diceva
se tra il livore e l’amore
un legame si svelasse
e il più saggio lo accettasse

E quel giorno come tanti
rivelata Apocalisse
dissonante apparirà
ai di loro sentimenti
la sentenza in fin di vita
“Io non temo la rovina
della terra amata e odiata
ciò che temo in cuor mio
è la fine del mio Io”

“Che vergogna!” sobillava
quel bel mentore buon viso
“Che vergogna!” ridondava
la sua gente nel villaggio
“Sia bruciato il vecchio saggio!”
E il meriggio si oscurava
dai suoi occhi scivolava
nel suo volto solo il vuoto
sul suo volto “Muoio solo”

La villania vinse ancora
in quel giorno d’ingiustizia
La villania vinse ancora
in quel giorno di mestizia
Non c’è odio non c’è amore
in quel senso di giustizia
Ma per odio e per amore
condannaron la giustizia

06 ottobre 2005

Le ragioni di Bin Laden 2

(Prima parte http://nicoguzzi.blogspot.com/2005/09/le-ragioni-di-bin-laden.html)

Seconda Parte.
"Fuori uno"

Jeff si guardò intorno, non c'era nessuno, sarebbe stato comunque abbastanza semplice nascondersi poiché il giardino era pieno di alberi e cespugli, sembrava un bosco; spero solo di non essere capuccetto rosso e accennò ad un sorriso. Il garage si trovava esattamente di fronte a lui, si avvicinò, estrasse dalla tasca destra della giacca un magnete e lo usò per levare il catenaccio, si muoveva, l'idea stava funzionando, riuscì a spostarlo interamente eppure la porta non si apriva, doveva esserci un altro meccanismo a bloccarla, tentò così di forzarla evitando di fare troppo rumore. Niente da fare, non si apre. Soluzione alternativa. Si diresse verso una finestra a pochi metri, quella di un bagno, si chinò sotto di essa, sentiva che c'era qualcuno, qualcuno stava cantando: “Tu vo'fa u'talebbano, u talebbano, ma si nato in Italy, sient amme nun ce sta niente..” Un uomo stava facendo la doccia, troppo pericoloso passare da quella finestra. Soluzione alternativa bocciata. Mentre rifletteva sulle nuove prospettive nella sua mente si insinuò un dubbio: non è che la porta del garage era aperta ed io l'ho chiusa? Un sorriso da deficiente spuntò sulle sue labbra, considerando la fortuna che ho oggi potrebbe anche essere. Tornò di fronte al garage, riprese tra le mani il magnete e lo trascinò sulla superficie della porta, stavolta nel verso opposto a quella precedente; qualcosa scattò, la porta si era finalmente aperta e come avevano previsto nei loro piani di azione nessun allarme scattò.
“Sono riuscito ad entrare in casa, da adesso in poi massima attenzione, se c'è qualche problema io schiaccio il pulsante di pericolo della ricetrasmittente e voi entrate subito in azione penetrando in casa dalle vostre rispettive posizioni, qual'è il motto?” “Sorprendere e non farsi sorprendere!” Marco, John e Jeff risposero tutti in coro, erano pronti ad ogni evenienza.
In garage c'era una macchina, sembrava molto vecchia, forse d'epoca. Non ci posso credere, una Mustang Shelby GT-350 del 67', era azzurro acqua, con la torcia scrutò tutta la carrozzeria, sul cofano c'era una grande aerografia, un volto di un uomo con la barba. Ma è Bin Ladin! Sulle portiere c'era scritto Jihad in bianco e sul tettuccio Tornado Afghano. Jeff per un momento ebbe voglia di scoprire quale motore truccato potesse ululare sotto quella magnifica macchina, ma ripudiò immediatamente quella malsana idea, non era al salone dell'automobile di New York o di Kabul, aveva cose ben più importanti a cui pensare. Si diresse verso la porta che dava all'interno della casa, con estrema cautela mosse la maniglia, non c'era nessuno nelle vicinanze, se non l'uomo che stava facendo la doccia nel bagno ed è proprio lì che si diresse. “Ma il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà, no, no..”, cantava ancora sotto la doccia, “...all'alba vinnnnnnnnceròooooo, vinnnnnnceròoooo”. Jeff bussò alla porta.
“Chi è? Sei tu Akne? Non hai visto che venivo in bagno? Mi sto lavando!”
“E' da due ore, non ti sembra il caso di uscire adesso, stai prosciugando tutto il Nord della nazione; comunque devo solo lavarmi i denti, aprimi la porta”
“OmmioAllah..non c'è più rispetto per l'intimità, arrivo, arrivo, sei il mio uomo preferito, tesoruccio, ma sei proprio un caca-caca Akne”.
Aprì la porta, aveva una barba molto lunga coperta da una cuffia, come quelle che si usano per non bagnare i capelli, questa però aveva dei laccetti per legarla intorno alle orecchie, i capelli invece erano piuttosto corti, biondi, insoliti per un medio-orientale, addosso aveva solo una vestaglia di seta rosa.
Sorpreso ed incuriosito ma per nulla spaventato il biondo disse: “E tu chi sei bell'omaccione?”
Jeff stava lì, smarrito ma soprattutto commosso perché di fronte a lui c'era un terrorista, un terrorista gay; allora anche loro vivono la sessualità come gli occidentali, etero, gay e bisessuali, si rifiutò però di pensare agli altri tipi di accoppiamenti, quelli più stravaganti a cui l'uomo e la donna avevano dato vita (uomo e pecora, uomo e uova di piccione, tra i più azzardati uomo e aquila o uomo e leonessa; anche l'universo femminile si era dato da fare, il più gettonato era donna e cavallo, poi donna e scimmia, donna ed ermellino, donna e pellicano, di becco ovviamente, donna e struzzo, di testa ecc.. molti altri erano gli esempi e per la maggior parte documentati dalla National Geographic). La sessualità a quanto pare unisce tutto il globo, pensò Jeff, tutti hanno bisogno di riprodursi. Ah se invece di esportare democrazia esportassimo pornografia, non dovrei fare neanche questo lavoro!
Tutto avvenne in pochi istanti, Jeff rispose a quell'uomo: ”Io sono dio, cioè non proprio, sono uno a lui vicino, ma non importa, sono qui per punirti, sei il disonore dell'Islam”, lo lasciò di stucco poi incomprensibilmente cambiò tono di voce “Zambrotta lungo linea, scambia con Nedved, Zambrotta ancora, Zambrotta, Zambrotta, sempre lui, è incontenibile, prosegue sulla fascia, Zambrotta dribbla il terzino, è pronto per crossare, lo fa, è perfetto! Al centro Trezeguet. Ruba il tempo al difensore e svetta”, Jeff diede improvvisamente una testata al biondo terrorista che stramazzò a terra privo di sensi “colpisce di testa, ed gol! Gol! TRE-ZE-GUET!” Si fece trascinare dalla sua immaginazione ed iniziò a correre per il bagno protendendo con la mano destra l'orecchio verso il pubblico virtuale che la sua mente aveva creato, voleva sentire il rumore assordante dello stadio, poi concluse: “Scusami Cucchi, intervengo da Crotone, Crotone 1 Ascoli 0, gol di Bega.”
Si ricompose e alla ricetrasmittente “Ragazzi, fuori uno.”
Marco dall'altra parte “Ricordati che ci sono altri tre terroristi in casa, tieni gli occhi e le orecchie aperte e stai sempre pronto a lanciare l'allarme.”
E John “Rimaniamo in attesa di nuove infor..”, s'interruppe, “ragazzi! Ragazzi! Codice rosso! Una macchina sta venendo verso la villa!”

Un articolo scritto qualche tempo fa

La forza dell'informazione televisiva si riassume nella vicenda legata alle donazioni per aiutare i paesi colpiti dallo Tsunami. Gran parte della popolazione mondiale ha potuto addentrarsi grazie all'occhio delle telecamere in una delle più grandi catastrofi naturali della storia umana, in ogni suo aspetto, dalla paura, all'angoscia, alla morte, alla rassegnazione, all'impotenza di fronte alla natura, alla rabbia ma anche alla voglia di ricominciare. La sequela di immagini andate in onda per almeno una settimana hanno generato una spirale positiva di “empatia globale” che ha attraversato il mondo e che ha portato tantissime persone a sentirsi in dovere morale di dare il loro aiuto in denaro per le vittime dello Tsunami.

La raccolta di fondi è stata così ampia da generare quello che si può considerare un vero e proprio "sorprendente paradosso" senza precedenti: l'organizzazione umanitaria Medici senza frontiere afferma che per lo Tsunami sono stati accumulati addirittura il quadruplo dei fondi usati. L'ha scritto in un articolo Louise Williams sul Sidney Morning Herald l'11 Maggio 2005. In Australia Medici senza frontiere a quella data aveva già contattato 4000 donatori per rimborsare la somma, 200 di loro hanno accettato; l'alternativa individuata è stata quella di dirigere i fondi in eccesso ad altre aree di crisi(Sudan e il Congo per la drammatica situazione in cui si trovano) con il necessario consenso del donatore.
Riguardo a questo problema il responsabile di MsF in Australia, Philippe Couturier dichiarò che ''Non è mai successo prima di dover rifiutare donazioni o addirittura di doverle rimborsare'', definendo tutto ciò come “un'incubo amministrativo”.

Medici senza frontiere Italia rilasciò il 13 Maggio 2005 un proprio comunicato.
In esso si enuncia che le sezioni di MSF di tutto il mondo hanno ricevuto, complessivamente 105 milioni di euro e che alla fine di marzo 2005, sono stati utilizzati 16 milioni di euro per la gestione dell'emergenza nel Sud dell’Asia ed altri 22 milioni si useranno probabilmente per le attività correlate allo tsunami. Anche MSF Italia il 4 Gennaio come le altre sezioni aveva deciso di sospendere la raccolta fondi per questa emergenza. Tra febbraio e marzo 2005 ha contattato parte dei donatori con 60.000 lettere e 8.000 e-mail nelle quali si richiedeva il permesso di destinare il contributo versato per l’emergenza tsunami ad altre situazioni di crisi meno visibili ma che sono altrettanto gravi: Repubblica Democratica del Congo, il Darfur, la Colombia, il Caucaso. Solo 8 donatori hanno richesto la restituzione dell'importo versato.
Nel comunicato si legge anche che a livello internazionale, il totale restituito è stato di 978.050 euro, pari allo 0.9% del totale donato (105.275.725 euro). Infine MSF Italia rende noto che il 43% dei fondi inizialmente ricevuti per l’emergenza sono utilizzati per supportare altri programmi medici di emergenza nel mondo.
Dunque la conclusione può essere giudicata più che positiva, con le donazioni in eccesso si assisteranno altre persone che vivono tragedie “silenziose”, quelle che fanno meno clamore, ma che devastano l'esistenza umana di chi le vive in ugual modo.

Per completare termino sottolineando che da questa situazione credo sia doveroso trarre spunti di riflessione sul potere e la responsabilità dell'informazione, soprattutto quella televisiva che attraverso le immagini può smuovere anche la coscienza più fredda e distaccata.

05 ottobre 2005

Il volo di Chang'e, approfondimento

Questa che ho scovato (su ChinaAbc) è la leggenda o mito di Chang'e(dea cinese della luna anche chiamata Ch'ang-O, Heng-E o Heng-O) che per alcuni versi è assimilabile a quella greca di Pandora.

Chang'e è la divinità della luna, mentre il marito Houyi è un guerriero divino che eccelleva per audacia e bravura, infallibile nel tiro con l’arco. All’epoca nel mondo umano comparvero bestie feroci che sterminavano gli animali domestici, danneggiando la popolazione. Saputa la situazione, il dio del cielo mandò Houyi nel mondo terreno per eliminare questi animali dannosi. Ricevuto l’ordine, Houyi scese sulla Terra con la bellissima moglie Chang'e e grazie alla sua destrezza non impiegò molto ad eliminare molti degli animali che provocavano gravi danni. Quando stava per completare il compito, accadde tuttavia un evento imprevisto: all'alba di un nuovo giorno in cielo comparvero contemporaneamente dieci soli. Questi erano tutti figli del dio del cielo e per uno scherzo leggiadro erano spuntati insieme sul mondo terreno. La temperatura della terra aumentò immediatamente, le foreste e i campi presero fuoco, i fiumi si disseccarono, mentre il globo si ricopriva di cadaveri di gente ustionata dal calore.
Compatendo la popolazione e comprendendo le sue sofferenze, Houyi cercò di persuadere con belle parole i dieci soli ad albeggiare uno per volta, ossia uno al giorno. Tuttavia gli orgogliosi fratelli non si curarono affatto di Houyi, anzi si fecero ancora più feroci, avvicinandosi ulteriormente alla terra e provocando maggiori incendi. Houyi così decise di intercedere nuovamente presso i fratelli, ma invano. Non sopportando più la cosa, fu costretto a tirar fuori il suo arco e frecce divine, colpendo in un attimo nove soli. Solo quando l’ultimo riconobbe il suo errore e chiese pietà, l’eroe si fermò.
Eliminando il flagello che aveva seminato morte tra gli umani Houyi aveva però offeso il dio del cielo, che si indignò per l’uccisione di nove dei suoi figli e proibì alla coppia di tornare nel mondo celeste. Vista la situazione Houyi decise di restare nel mondo terreno per aiutare ulteriormente gli uomini, tuttavia la moglie Chang'e era sempre più insoddisfatta della vita terrena colma di sofferenze, incolpando il marito di aver ucciso scioccamente i figli del dio del cielo.
Saputo che la Regina madre dell’occidente, una divinità che viveva sui monti Kunlun, possedeva un farmaco divino che una volta consumato poteva far salire in cielo, Houyi superò monti e fiumi e dopo mille fatiche raggiunse i monti Kunlun, chiedendo il farmaco alla Regina madre dell’occidente. Tuttavia questa non ne possedeva che una dose. Non volendo lasciare l’amata moglie, né che questa salisse in cielo da sola lasciandolo, egli portò la medicina a casa e la nascose.
Alla fine Chang'e scoprì il segreto del marito sul farmaco divino, e nonostante l’amore per lui, non riuscì a resistere all’attrazione della vita felice del mondo celeste. Nella notte del 15 agosto, quando la luna è più luminosa, approfittando dell’assenza di Houyi, ella inghiottì in segreto il farmaco; poté sentire il suo corpo che si faceva sempre più leggero e si metteva a volare pian piano verso il cielo. Proprio in quel momento Houyi tornò, la vide risalire l'orizzonte, era disperato perché la moglie stava andando via lasciandolo solo, non volle tuttavia colpirla con le frecce, limitandosi a dirle addio. Alla fine ella raggiunse la luna, vivendo nel Palazzo del grande freddo.
Houyi visse così da solo nel mondo terreno, continuando a tenere a cuore le sorti della popolazione e insegnando il tiro con l’arco. Un allievo chiamato Feng Meng fece rapidi progressi, acquisendo in poco tempo un alto livello nell’arte. Finché Houyi sarebbe stato in vita Feng Meng credeva che non avrebbe mai potuto essere considerato il migliore arciere del mondo e così la volta che il suo mastro si ubriacò lo centrò alla schiena con una freccia.
Chang'e nel frattempo, benché fosse arrivata sulla luna, viveva una vita solitaria perché laggiù c’era solo un anziano boscaiolo e un coniglietto, l'unico che creava la medicina per diventare immortali e raggiungere lo stato divino. Vivendo tristemente nel suo palazzo il 15 agosto del calendario lunare, quando la luna è più luminosa, Chang'e ripensa sempre con nostalgia alla passata vita felice con Houyi.

Il volo di Chang'e

Non una luce amica
che mediamente sporadica
volgarizzava ostentata pace
Non quell'ancora amichevole
che coccolava la mia vita
quando tutto era semplice
Non quel patto d'amicizia
con clausola di rescissione
la sofferenza e le mie pene

E il silenzio sì che lo sentivo
urlava a gran voce allo specchio
tra i miei singhiozzi balbettanti
E quel silenzio come assenza
di un'empatica presenza mi martellava
l'ansiosa calca dei respiri soffocati
E quel silenzio poi cominciò a parlarmi
presto come un migliore amico
mi afferrò prima della peggior ricaduta

Ora per ora gli amici transitavano
al meglio delle stucchevoli espressioni
non gloriosi compagni di viaggio
Ora per ora gli amici pascolavano
io il loro passatempo loro il mio
nessuno scettro d'oro da immortalare
Ora per ora gli amici si avvicendavano
ma ormai ci credevo, lo vedevo, qualcuno
avrebbe sacrificato la sua vita per me

Non era più solitudine la mia
Francesco mi sottrasse dall'ultimo volo
la dea nostalgica Chang'e per la luna

I buchi neri, cerchi magici singolari

Grazie a I Misteri del Tempo di Paul Davies ieri sera stavo riflettendo sul tempo, sui viaggi nel tempo, mi hanno sempre attratto molto questi temi, forse da quando ho visto la trilogia di “Ritorno al futuro”, splendidi film per creatività e capacità di traghettare chi guarda a pensare in termini molto diversi da come si è soliti fare. I buchi neri, ognuno di noi ne ha sentito parlare; Einstein con la teoria della relatività generale li è riusciti a spiegare e prevedere ma nonostante ciò non vi è stata alcuna conferma definitiva sul fatto che nell'universo esistano deformazioni temporali infinite.
Le prove ci sono ma gli astronomi continuano a studiare e cercarne di nuove. I buchi neri nelle loro soluzioni derivate da calcoli matematici assumono valori infiniti, vengono definiti perciò singolarità, in questo caso il valore che tende ad infinito è il tempo.

L'ipotesi è che i buchi neri siano delle stelle implose, cioè che sono collassate inghiottendo la luce e tutta la materia circostante condensandola in una massa dal raggio sempre più ridotto la cui velocità di fuga è superiore a quella della luce; ciò avviene a causa dell'esaurimento di tutte le loro sorgenti di energia termonucleare; il collasso prosegue poi fino a quando hanno raggiunto il loro raggio critico (raggio di Schwarzschild che mette in relazione distribuzione della materia e dell'energia e il campo gravitazionale che è ovviamente associato al tempo e alle sue distorsioni) in corrispondenza del quale si ha appunto una deformazione temporale infinita.
Non è mia intenzione approfondire i vari aspetti, non riuscirei a spiegarmi e inoltre le mie conoscenze non sono all'altezza. Ciò che in realtà mi interessa è sottolineare come da studi quali quelli sui buchi neri discendano diverse domande che stuzzicano molto la fantasia librandosi sul confine tra razionalità e paradosso.

Paul Davies scrive: “C'è davvero una fine del tempo al centro dei buchi neri? Possono i buchi neri formare tunnel o ponti verso altri universi, o persino diventare cunicoli che conducono all'indietro nel tempo del nostro universo? Che cosa accade alla materia che vi cade dentro? Esiste qualcosa come i buchi bianchi?”

04 ottobre 2005

Inno alla Cocaina - Parola di un ignoto strafatto

“Un'altra striscia, dai, che oggi si festeggia, è un'occasione d'eccezione, solo un mese fa infatti, un venerdì da retrobottega di discoteca, da Hotel Supramonte non da un romano Hotel Excelsior, tre volte ho tirato su quello che con prevedibile gusto è definito caviale, non ho mai assaporato il caviale ma a quel particolare tipo di caviale mi sono affezionato, non ho mai provato deliranti e sublimi sensazioni come quelle della polvere bianca, niente di meglio, sentirsi unici, divini, forti, una colonna in stile dorico tra le gambe e le donne ci stanno, certo che ci stanno, basta leccare caviale in compagnia e i loro sensi disperdersi tra i miei e non trovare ragione spazio-temporale per non farlo, perché detestare questa realtà quando si può tralasciarla in cambio di altri stati d'essere mentali forse meno materiali ma altrettanto sensibili? Preferisco l'artificiale, più che il paradiso è il limbo come sospeso sopra il mondo quotidiano condannato al suo status symbol di mediocrità borghese, tutto fin troppo scontato, giudicatemi adesso che sono forte, giudicatemi, non sapete divertirvi, giudicando me evitate di giudicare voi stessi, è troppo semplice così, non funziona così e per questo io ho bisogno ogni tanto di tralasciarvi, sono così amorevolmente bello, caro Jim Morrison vedendo mia madre mi sono reso conto che se fosse della mia età me la scoperei, non tanto per qualche motivo particolare, solo per farle godere dei miei pregi; eppure lei deve avermi già scopato, vedo davanti a me alcune immagini, flashback, verità, realtà, luci che riempono il soffitto di questa stanza buia, colori, quanti colori, l'arcobaleno, devo aver mischiato troppi paradisi, il sangue, le lacrime, io e lei nudi la mattina prima che mi accompagni a scuola; un uomo, è lui, odiavo mio padre, non l'ho mai digerito, anche oggi non riesco a tollerarlo, ogni sua parola è come un suono che graffia i miei timpani, cosa avrà trovato mia madre in lui, ma del resto è anche grazie a lui che posso passare questi splendidi momenti di onnipotenza. Ho un portafoglio in pelle di cammello, di iguana, forse, un serpente striscia sulla sabbia rovente, parla, sibila al mio orecchio Vincitore! Sei e sarai vincitore, è questo quello che vuoi, vincere, vincere fuggendo, quale miglior modo? Un'altra striscia, l'ultima, per favore, ne ho bisogno. Altro che polvere bianca, così si sminuiscono le sue qualità, è oro bianco, lo sapevate che dopo milioni di anni i diamanti diventano polvere? Non credete a chi dice che un diamante è per sempre, a quel punto vi consiglio di regalare alla vostra partner COCAINA che potete condividere insieme; non ho mai bevuto alcolici, non ho mai fumato sigarette o spinelli, anzi ho sempre odiato coloro che vivono quelle dipendenze, ci vuole pure un po' di stile nella vita, sesso, droga e potere non sono per tutti, sì, sono proprio dei poveri sfigati abbandonati al destino squallido del giorno dopo giorno lavoro per campa', non mi interessa cadere o campa', non ho paura di cadere, mi interessa volare altrove. Ora ragazzi, colleghi, mogli e puttane ho sonno! Andatevene a casa, via, via! La festa è finita, ci rivedremo, domani, dopodomani, ma ora andate, ho voglia di rimanere solo. Avanti Helen, anche tu, la porta sai dov'è. Non sei riuscita a venire? E' un peccato, sicura di non essere lesbica? Io comunque sono venuto, tutto il resto non mi interessa, forse dovresti farti curare. Helen alzati, alzati su, dai, non riesci a stare in piedi, sei ghiacciata, cos'hai? Rispondimi Helen, hai qualcosa, perché non ti alzi da terra, non ti sei neanche accorta che sei caduta, stai dormendo Helen? Helen! Helen! Non farmi urlare che non ho voce, non voglio rovinarmela, allora rimani sul pavimento; ti dirò, non hai un bel colorito, sei proprio pallida, guardati, poi hai la pelle gelata, non apri gli occhi, non vedo neanche il tuo addome andare su e giù; respirerà la frigida e sexy Helen? Ma io ora sono stanco Helen, devo dormire, rimani pure sul pavimento che non mi dai fastidio, buonanotte, nel caso tu non dovessi più risvegliarti ti auguro buon compleanno, in anticipo di qualche ora solamente”

03 ottobre 2005

Jacob e Hope. Anteprima 2° capitolo. A scuola

Era entrata in classe con la tanto odiata giacca rossa, colore acceso; quando la indossava tutti sapevano che quel giorno avrebbe interrogato. Dopo essersela levata ed averla appesa all'attaccapanni si sedette, accavallò le gambe e chiese se qualcuno poteva prestarle una penna, si era dimenticata nella sala insegnanti l'astuccio dove teneva i suoi attrezzi di tortura, così erano chiamati dai bambini tutti quegli oggetti e oggettini della loro giustiziatrice. Flavio, seduto nel banco di fronte alla cattedra, le porse una biro nera. Iniziava così la razione quotidiana di stress, era solo la prima ora della mattinata, era solo il primo giorno della settimana.
La maestra scrutava gli occhi dei fanciulli uno ad uno "Ci sarà qualcuno che ha studiato e ha voglia di prendere un bel voto?"
Ma in aula regnava il silenzio, si sentiva solo il rumore del mescolare intermittente delle betoniere da cui usciva il calcestruzzo che i muratori stavano usando per la costruzione di una piccola chiesa a una cinquantina di metri dalla scuola. I lavori erano iniziati da pochi giorni e se le cose sarebbero andate secondo gli accordi entro 6 mesi avrebbero dovuto essere terminati.
"Avanti, possibile che nessuno si senta pronto?" Ancora silenzio.
"Allora oggi sceglierò io" prese il registro ma si accorse che avevano tutti già un voto.
"Visto che avete tutti un voto mi sembra giusto sorteggiare" e un brusio si levò in tutta la classe, dal fondo si distinse "Visto che abbiamo tutti già un voto potrebbe non interrogare!" Non fece caso a questo commento, disse di fare silenzio e prese la magica scatolina con i bigliettini, mischiò qualche secondo ed ne estrasse due. Sul volto dei ragazzi si leggeva distintamente ansia ed impazienza.
"Giovanni e Giulio, venite pure qui davanti."
"E' assente Giovanni, maestra."
"Non me n'ero accorta, è sempre così silenzioso" estrasse un altro bigliettino e lo lesse "Stella, è uscito il tuo nome. Ottimo! Così abbiamo un maschietto e una femminuccia."
Eh sì, che fortuna, come sono fortunata, sono io Stella, è uscito il mio nome, ho vinto, ho vinto io! Il motivo musicale di quel film ci starebbe, come si chiama, ah, ricordo LO SQUALO, paura! Aveva visto il film con Giulio, Teddy e Laura proprio il giorno prima prendendolo di nascosto dalla collezione del padre.
Molti esultavano e ridevano sguaiatamente mentre i due malcapitati si avviavano verso la cattedra come qualcuno che sta andando incontro agli ultimi istanti della propria vita.
Se le dicessi che ieri non sono riuscita a studiare perché ho dovuto aiutare mio padre a raccogliere l'uva? pensava Stella, No, non ci crederebbe, non ci crederebbe e poi io non ho paura, prenderò un bel voto, in cuor suo sapeva di avere però una gran fifa ma si era rassegnata a vivere il suo destino. Giulio comprendendo la sua agitazione le disse: "Dai Stella, pensa a oggi pomeriggio, giocherai insieme Teddy e vi farete le coccolucce, vero Stellina.." Sembrava molto sicuro di sé, in realtà era semplicemente più abile e convincente nel nascondere il suo stato d'animo che non era di certo simile al mare piatto e calmo di un'alba d'estate e senza vento.
"Oggi pomeriggio sarò in punizione se non prenderò almeno la sufficienza!" sentenziò Stella con il volto che esprimeva un'intensa collera e tensione. Doveva proprio uscire il mio nome?! Si ripeteva.
La maestra interruppe quel fluire di pensieri:
"Giulio, Stella state tranquilli" con voce suadente "non vi farò domande difficili, scommetto anche che sapete tutto."
Dagli ultimi banchi si poté udire un'altra frase "E allora dagli subito un bel voto senza interrogarli!" E la maestra che aveva orecchie affinate come radar: "Là in fondo smettete di fare commenti sciocchi ed impertinenti se no viene uno di voi qui e lo interrogo." Dopo qualche breve risatina tutti smisero di parlare.

01 ottobre 2005

Estratto di "Quando i bambini giocavano"

La risoluzione 1612 di fine Luglio dell'Onu ha cercato di inquadrare la drammatica e deplorevole pratica di arruolamento e di coinvolgimento di bambini nei conflitti armati che si combattono nel mondo. In aggiunta alla descrizione della situazione attuale il Consiglio di Sicurezza ha istituito un meccanismo per la protezione dei minori riproponendo quanto sviluppato dal Segretario generale delle Nazioni Unite nel rapporto del 9 Febbraio 2005.

L'atto prevede il monitoraggio e la comunicazione al Consiglio di Sicurezza in merito all'utilizzo di bambini soldato e ad altri abusi subiti dai minori nel corso dei conflitti. Non si esclude l'imposizione di sanzioni nei confronti degli Stati che compiano violazione di diritti e obblighi riguardo a questo tema, compreso l'embargo di armi leggere e per uso civile.

La pratica di utilizzazione dei bambini e dei ragazzi, tra i quali non si fa distinzione di sesso, non è certamente figlia dei soli ultimi conflitti. Infatti anche nelle guerre meno recenti sono stati coinvolti come soldati, portatori di munizioni e viveri, staffette, sentinelle, usati per piantare mine, bonificare campi minati. Negli anni '80, ad esempio, le bambine orfane venivano usate dai movimenti di liberazione del Nord e del Nord-Est dello Sri-Lanka e addestrate per compiere attentati suicidi; formavano un gruppo detto “Uccellini della libertà”.

Solitamente quelli arruolati sono svantaggiati, orfani, profughi, alcuni con una primitiva voglia di vendetta contro chi ha compiuto violenze, abusi e omicidi delle persone care proprio di fronte ai loro occhi. Sono considerati alla stregua dei soldati adulti. Una delle giustificazioni agghiaccianti di questo fenomeno addotta dalle varie forze militari e gruppi armati implicati nelle guerre sarebbe la scarsità di soldati più anziani, la scelta di trasformare bambini e ragazzi dai 7 ai 18 anni in strumenti di guerra è semplicemente una conseguenza.

Hanno inoltre qualche qualità in più: spesso per la loro giovane età non comprendono distintamente il pericolo, sono portati a rischiare molto oltre la soglia di quella poca sicurezza che si può avere in una guerra, sono più facilmente influenzabili a compiere azioni che mai nessuno alla loro età normalmente potrebbe concepire.

Quelli che sopravvivono si trovano segnati per sempre nel profondo da traumi psicologici, da ricordi di eventi atroci, di violenze inaudite, da ansie e paure che non è semplice mentalmente ed emotivamente metabolizzare, si trovano a dover muovere i loro passi attraverso un percorso tortuoso di ristabilimento e reinserimento nella società.

La Risoluzione dell'Onu descrive accuratamente la situazione dei conflitti e delle “zone calde” sui quali è stato possibile raccogliere delle informazioni(per l'approfondimento stato per stato il link è http://www.warnews.it/index.php/content/view/1941/28/).

Viene messo dunque in luce uno dei fenomeni e delle pratiche più terribili a cui l'umanità ha dato vita legato, ovviamente, alla guerra che, del resto, ha sempre portato in grembo le peggiori degenerazioni dell'uomo. Molti bambini giocano nei cortili di casa a fare i soldati, improvvisando una pistola con le dita di una mano, giocando con i soldatini o a campo minato. In un'altra parte del mondo, quella pistola è vera, i colpi sono veri, quei soldati non sono in scala, non c'è gioia e spensieratezza; c'è ansia, terrore. La paura della morte, che dovrebbe essere solo abbozzata e poco comprensibile nella mente di un bambino, può essere la sua ancora di salvezza. Il campo con le mine non è per lui una finzione, le persone saltano in aria; la violenza, l'impotenza, la negazione di ogni valore umano, la vendetta riempono e deformano l'innocenza. La distanza di queste due dimensioni della realtà è così abissale che le parole finiscono per essere fuorvianti.