25 settembre 2008

La riforma scolastica

E se il sistema scolastico-accademico migliore non fosse quello nel quale ognuno di noi (o quasi) ha ricevuto la propria dose di educazione, di cultura?
La mia non è una critica all'inefficienza italiana, se pur palese in alcune zone del nostro paese, ma alla scuola mondiale strutturata con programmi prestabiliti, testi prestabiliti, campanelle prestabilite. Tutto è così perfettamente organizzato. Ciò che si studia è solo ciò che c'è scritto sui libri di testo e non vedo l'ora di tornare a casa a guardare Dawson's Creek.
La formazione è quasi del tutto televisiva, passiva, lo è sempre stata, più o meno, fin dalla notte dei tempi: è fondamentale abituare le giovani menti ad ascoltare sempre colui che è in posizione dominante, di cultura, di conoscenza, a volte solo di potere.

Se a scuola s'insegnasse a dubitare di ogni presunta verità il mondo sarebbe diverso, i preti hanno sempre professato che “le vie del signore sono infinite” eppure sembra che nessuno ci creda: infinite solo le vie per arrivare a un risultato, per essere un esperto di un certo argomento, tanto più nell'era di Internet e dell'intelligenza collettiva di Pierre Levy (anche se credo che sull'intelligenza collettiva bisognerebbe riflettere approfonditamente, magari lo farò in seguito).

Ma cosa succederebbe a un cantante che non avesse studiato mai lirica con un maestro e riuscisse un giorno a cantare con la stessa intensità di un tenore affermato, per esempio di Pavarotti? Ammesso che ci sia qualcuno che possa raggiungere la sua intensità, come verrebbe definito? Un imitatore, in questo caso di Pavarotti, e non un tenore al pari di Pavarotti.
Hai studiato lirica? Chiederebbero.

Ipotizzo una riforma scolastica folle: percorso base per imparare alfabeto e operazioni matematiche, dopodiché negli anni successivi, ogni mese uno studente deve preparare, riassumere-relazionare per iscritto e a voce 3 libri qualsiasi, dai romanzi ai saggi, dalla matematica alla religione, senza alcun limite. E a quel punto a seconda dell'argomento a sostenere la discussione sul libro che lo studente presenterà alla classe sarà l'insegnante esperto della materia che il testo affronta.
Si dice sempre che serve qualcuno che indirizzi la propria attenzione, un insegnante, eppure diamo per scontato che al di fuori della scuola ogni cosa sia al posto giusto, infatti nessuno insegna a guardare la televisione o ad usare Internet.

In nove mesi ogni ragazzo leggerebbe 18 libri, sono convinto che in un solo anno avrà conosciuto abbastanza il mondo da capire quanto è complesso, seppellendo i libri di testo con i loro titoletti e i loro riassunti a fine capitolo (lasciate che siano gli studenti a farli).
Una riforma rivoluzionaria probabilmente, irrealizzabile, di certo ciò che ne verrebbe fuori sarebbe una società molto diversa: ognuno capirebbe che essere nati cristiani non significa odiare i musulmani, esser nati atei non significa odiare i preti, esser nati ceceni non significa odiare i russi. Ognuno capirebbe che Essere si è ogni giorno a seconda delle scelte che si fanno e non in virtù di un passato, di una valutazione, di una cultura assimilata.

Il noi e il loro non esistono nella dimensione della libertà conoscitiva, della curiosità, sopprimeteli ma sappiate che ciò porterà alla distruzione del vostro piccolo orto costruito con le vostre piccole convinzioni e convenzioni rassicuranti e assimilate negli anni dell'educazione.

Oltre la metà della nostra esistenza è riempita dalla formazione e dal lavoro, se si escludono i pedanti filosofi e gli allegri sociologi, nessuno discute con disincanto e con coraggio intorno a questi temi.

Bisogna mettere dei paletti a una formazione di questo tipo – dirà il ministro dell'Istruzione - il rischio è la schizofrenia.
Sa dove deve metterseli i paletti? - dirò io - il rischio a cui porta il suo sistema è l'Essere illusorio che si è accettato con il tempo, il metodo e l'abitudine.

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