24 aprile 2009

Registrarsi a Google Maps

business-center-google-mapsRegistrare un’attività commerciale al Business Center di Google Maps può essere molto utile a fini della sua individuazione su Internet (se esiste il sito) e nel "mondo reale" dove è localizzato l’esercizio, facilmente rintracciabile attraverso le mappe di Google e le informazioni relative all’indirizzo. Utile a negozi, aziende, concessionarie, officine, potenzialmente ad ogni attività geolocalizzabile e dunque proponibile tra i risultati delle ricerche locali (local searches).
Ma per quale motivo è importante sfruttare questo servizio che è peraltro completamente gratuito?
Basta fare una ricerca, ad esempio concessionarie Milano, e risulta chiara l’importanza di una registrazione al Business Center.

serp-di-google
Escludendo i link sponsorizzati, nella Serp di Google tra i primi risultati offre proprio quelli di Google Maps. Ogni risultato è formato da due link uno al sito dell’esercizio se è stato inserito nella scheda, uno alla pagina con la mappa e le relative informazioni inserite in fase di registrazione. Se non s’inserisce un sito entrambi i link punteranno alla pagina singola di Google Maps.

Ma dal punto di vista pratico come si fa ad inserire la propria attività?

Il procedimento è molto semplice. Anzitutto bisogna creare un account google e iscriversi al Business Center. Dopodiché si passa alla fase di iscrizione vera e propria al servizio.
Le possibilità di creazione della scheda sono due.

1. Caricamento singolo esercizio



Il caricamento collettivo prevede la creazione di File Excel con tutti i dati richiesti, dopodiché bisogna salvarlo in file TXT (unicode) e fare quindi l’upload del file. Il file può essere usato per un caricamento completo, un'aggiunta o un'eliminazione delle proprie sedi. Per ogni sede si deve scegliere un ID identificativo, come negozio1, negozio2, negozieMI, negozioRO.
A seguire un esempio di file Excel con i dati da inserire.


2. Caricamento collettivo - File Excel

file-excel-google-maps

Dopo l’inserimento dei dati della propria azienda per fare in modo che l’attività sia realmente disponibile bisogna verificarla.
Le verifiche possibili sono tre: SMS, chiamata telefonica o posta. Attraverso il canale scelto si riceverà un codice PIN che si andrà ad inserire poi nel Business Center.
A quel punto la registrazione è ultimata.

In fasi successive è possibile inserire foto e video, eventuali recensioni degli utenti.
Una critica che si può fare a google è quello dell’inserimento di annunci adsense all’interno delle schede e di un link nella mappa che magari finiscono per pubblicizzare la concorrenza.

Google prevede anche un sistema automatico di registrazione dei vari esercizi commerciali: i dati a cui fa riferimento vengono raccolti dalle Pagine Gialle. La procedura è evidentemente più lenta e non ottimizzata. Dopo l'accordo di marzo 2009 di Partnership tra Google Italia e Seat Pagine Gialle il sistema sarà probabilmente potenziato.

C’è un ultimo aspetto da valutare e per il quale è meglio non dimenticare la registrazione al Business Center.
Può succedere che la propria attività sia stata già inserita da qualcun altro, magari con tutti i dati giusti tranne il numero di telefono, per rubare clienti magari o spillare soldi sfruttando l’identità altrui. La truffa è sempre dietro l’angolo. A tal proposito vi rimando ad un interessante articolo sull’argomento, Google Maps Hijack.


21 aprile 2009

Cane km0, bonus rottamazione gatto

cane,cucciolo di gattoVuoi comprare un cane o un cucciolo di gatto? Hai già un cane o un gatto ormai vecchio? Con queste domande il governo ubulecano sembra rivolgersi alla popolazione. L’iniziativa del premier locale è volta a risolvere il problema del randagismo dilagante frutto di una tradizione religiosa per la quale tutti gli animali domestici raggiunta la vecchiaia vengono lasciati liberi per andare a morire nel luogo che preferiscono. La credenza popolare afferma che in questo modo la loro anima potrà congiungersi alla terra liberamente, senza costrizioni, e dunque trovare la pace.

Il problema è che cani e gatti vengono lasciati liberi spesso quando ancora sono in piena forma, così accade che questi si accoppino o continuino a vivere per molto tempo, accrescendo le fila degli animali randagi.
La proposta della maggioranza è quella di obbligare i padroni a consegnare tutti i cani e i gatti che raggiungono di volta in volta la vecchiaia per rilasciarli poi nelle riserve naturali a morire liberamente senza affollare strade e luoghi pubblici.
L’opposizione religiosa ultra-integralista dipinge come immorale e contro natura questa soluzione, aggiungendo che le riserve sarebbero in realtà una prigione e ciò non permetterebbe alle loro anime di trovare la pace.

A questo punto risulta facile fare dell’ironia, immagino già i cartelloni pubblicitari: nuovi incentivi rottamazione cani e gatti. Cambia il tuo vecchio gatto con uno nuovo. Vuoi un cane km0? Passeremo a prendere il tuo vecchio senza spese. Possibilità di finanziamento agevolato. Cuccioli di cane e di gatto in sconto, libera il tuo vecchio cane, la sua anima te ne sarà grata.

Seguiremo gli sviluppi...la soluzione è sotto gli occhi di tutti, basta selezionarla.

Esperimento di link baiting estremo? O pesce d'aprile posticipato?


10 aprile 2009

Tv-Pc All in One: il Mediacenter totale

pc-tv-internet-all-in-oneIl futuro delle nostre case, dei nostri elettrodomestici è veramente All in One? Tutto interconesso e collegato ad Internet? E’ probabile, del resto negli ultimi anni il matrimonio è avvenuto tra Internet e i cellulari, ora manca il terzo elemento chiave delle telecomunicazioni la televisione.
E’ difficile credere che quest'ultima continuerà a vivere parallelamente rispetto ad Internet.
Certo è che finché non s’inseriranno colossi come Google, Apple, Microsoft a proporre tecnologie ibride e software ad hoc tutto rimarrà fermo.

Gli investimenti attuali si muovono principalmente verso la realizzazione di piattaforme semplificate e funzionali per palmari, cellulari e netbook, potrebbe essere proprio il passaggio successivo a portarci verso l’integrazione delle stesse funzioni o di interi sistemi operativi all’interno delle televisioni.
Un esempio che vi propongo riguarda un modello di televisione presentato al CES 2009, uno dei più importanti eventi fieristici al mondo sull’elettronica di largo consumo.



Si tratta di una TV LCD Touchscreen ad alta definizione in grado di sfruttare la tecnologia Blu-ray e nella quale è stato integrato il sistema operativo Windows Vista per compiere oltre alle tipiche funzioni di una televisione quelle dei computer, compresa la navigazione Internet attraverso antenna Wifi.
Ancora una volta si tratta di una soluzione intermedia, mentre quello che ci si aspetta riguarda sistemi operativi semplificati, realizzati appositamente.

Dopotutto progetti di questo tipo sono già stati sviluppati solo che evidentemente nessuno ha ancora fatto il passo decisivo, poi bisogna smaltire di volta in volta le tecnologie intermedie per le quali sono stati fatti i principali investimenti.
Comunque sia è evidente che lo spazio per una produzione su scala industriale esiste, grazie anche ai continui avanzamenti tecnologici nel campo della miniaturizzazioni di tutte le componenti elettroniche, delle nanotecnologie.
In questa direzione va ad esempio il prodotto presentato in questi giorni da Acer, l’unità nettop Aspire Revo o soprattutto il progetto Net tv di Philips.


09 aprile 2009

La pubblicità online conviene?

Si parla spesso del futuro di Internet, del valore e delle prospettive della pubblicità online, della rete globale e della sua continua estensione attraverso le diverse tecnologie, dalla fibra ottica al Wimax.
La crescita dell’advertising sul web è costante, è anche vero però che risulta più difficile individuare novità ed idee che possano realmente dar luogo a una qualche rivoluzione o perlomeno modificare gli attuali equilibri del mercato pubblicitario che tende a premiare i piccoli piuttosto che i grandi colossi, non a caso quest’ultimi sono restii a ridurre i loro investimenti nel sistema radio-televisivo e sulla carta stampata.

I motivi sono molteplici. Anzitutto la percezione di chi si occupa di marketing nelle grandi aziende è che la pubblicità offline si possa analizzare, valutare e quantificare secondo regole molto precise, questo grazie agli innumerevoli studi sviluppatisi negli anni.
In secondo luogo Internet e tutte le tematiche ad esso collegate sono materia recente. Per quanto riguarda poi il web marketing c’è un terzo punto rilevante: una campagna marketing online può essere in realtà studiata e valutata con una precisione e con gradi di focus molto più attendibili rispetto a quello che può avvenire per una qualsiasi altra azione di marketing, per questo può generarsi la paura di un fallimento difficilmente controvertibile a parole, abililità tipica dei markettari (senza offesa, intesi come coloro che devono fare in modo che si venda).

Ad esempio proviamo a riflettere su un volantino e un banner. Fingiamo che l’idea di fondo alla base della loro creazione sia la stessa, un volantino una volta letto può essere buttato o conservato, ma non si saprà mai se ad esempio la maglia pubblicizzata su di esso sarà venduta grazie a questa publicità.
Nel caso di un banner invece, attraverso gli appositi strumenti, si potrà sapere cos’ha fatto l’utente dopo il click, quali sono le pagine che ha visitato, quanto si è fermato, se si è registrato al sito e ha acquistato la maglietta, quante volte sarà ritornato al sito.

Ecco che un addetto al marketing non può più attingere alla sola fuffa per provare l’efficacia di una campagna!

Quello che però non comprendono le grandi aziende è che se la concorrenza su Internet è oceanica è altrettanto vero che se si fa un lavoro fatto bene i risultati si raggiungono e possono diventare virali, questa è la convenienza che si fatica a cogliere.
Dopotutto non vedo perché la Nutella dovrebbe aver paura di cento siti di Cioccolata Pinco Pallino simil-Nutella. La Nutella originale è una e chiunque lo sa, del resto la stessa Google è accusata da più parti di favorire i grandi marchi.
(Mi stanno venendo in mente le fettazze di pane e nutella che mangiavo da piccolo, monumentali, scusate per la digressione e speriamo che la Ferrero mi paghi per queste ultime righe).

Credo che un argomento molto più interessante possa essere quello di capire quale sarà il futuro dell’advertising, chissà, magari la prossima puntata.


08 aprile 2009

SEO contro editori contro aggregatori

lettore di giornaleRiprendo una notizia interessante del Corriere della Sera che tratta della crisi dell’editoria, dei problemi e delle soluzioni allo studio degli editori, molti dei quali si stanno schierando contro tutti quei siti che aggregano le notizie offrendone solo l'estratto iniziale per poi rimandare alla pagina originale dell’articolo presente sui siti Internet delle singole testate giornalistiche.
Alcuni siti-servizi aggregano addirittura le notizie con sistemi automatizzati, nessuna redazione filtra i contenuti, solo algoritmi e formule matematiche, si pensi ad esempio a Google News che l’analista Henry Porter del Guardian considera un regime di monopolio dell’informazione, in quanto non dà alternative a chi crea o cerca contenuti.

Per Rupert Murdoch la soluzione è quella di proporre le notizie nella loro completezza solo ad utenti che pagano un abbonamento, pare che l’idea piaccia e possa contrastare il fenomeno dei siti aggregatori.
Una delle paure principali che hanno le grandi testate è che la notizia si sleghi completamente da chi l’ha creata, livellando così tutto il mercato dell’informazione e rendendo la competizione potenzialmente vastissima, soprattutto quando si tratta di dover inoltrarsi su temi particolari su cui blog, comunità, forum e gruppi specialistici rischiano di farla da padroni.
Questi sono i motivi che spingono molte testate così come le agenzie di stampa a valutare azioni legali contro gli aggregatori.

A questo punto vi propongo alcune considerazioni doverose che non sono state fatte. Esistono sia motivi tecnici che di web marketing per i quali imbastire una crociata ideologica contro gli aggregatori può essere se non controproducente quantomeno miope.
Prima di tutto i link che ricevono i giornali online e le agenzie da questi aggregatori sono spesso di buonissimo livello, infatti molti di questi siti (segnalati anche nell’articolo del Corriere) hanno un pagerank altissimo, generano una quantità di traffico molto elevata e questa potenza viene in parte trasferita ai singoli siti. Non ho individuato l’uso di nofollow negli href, per cui ricevere questi link conviene, in più i commenti disponibili possono accrescere ulteriormente il valore del contenuto.

C’è anche da considerare che tra le azioni principali di SEO e Web Marketing ci sono quelle di Link Popularity e Link Baiting e che hanno tutte un costo, non vedo per quale motivo i grandi editori dovrebbero avere paura di questo sistema che oltretutto possono sfruttare grazie alla loro popolarità e alla conseguente rendita di posizione, potendo pagare molto meno per ottenere risultati che nuove testate impiegherebbero tantissimo tempo a raggiungere e a costi probabilmente più elevati.

E' chiaro che tutto ciò vale se le storiche testate affrontano il tema informazione su Internet comprendendo a fondo le sue peculiarità, potenzialità e possibilità, altrimenti se l’idea è semplicemente quella di riconquistare dagli aggregatori il traffico perso dalla propria Homepage per poter vendere banner e spazi pubblicitari a prezzi più alti il modello rischia di fallire, l'advertising è sempre in fermento e non si può pensare solo a questo elemento, se pur fondamentale. Di sicuro lo stesso modo di creare notizia deve adattarsi, le redazioni devono modificarsi e seguire criteri che tengano conto del mezzo Internet.

Forse tra le preoccupazioni degli editori c'è il fatto che la testata possa passare in secondo piano, non tanto rispetto alla notizia e ai siti che la ripropongono tale e quale, quanto rispetto al giornalista che grazie a internet se fa un lavoro di qualità può conquistare una notorietà e un seguito maggiore rispetto a quello dei giornali per i quali scrive. Si pensi ad esempio al successo del giornalista Marco Travaglio, diventato noto grazie anche alla televisione ma che ha continuato a lavorare nello stesso modo adattandosi però ad Internet, accrescendo così la propria popolarità, che del resto rischiava nel sistema ingessato dell'informazione italiana di franare se fosse rimasta circoscritta alla sola televisione e ai giornali della carta stampata visto gli argomenti politically incorrect che ha sempre trattato.

Non si tiene conto nemmeno della crescita dei Social Network la cui espansione potrebbe andare a diminuire la preminenza degli stessi aggregatori e dei motori di ricerca per quanto riguarda la riduzione massima della timeline delle news che possono essere date con un'efficacia pari alla diretta per un evento inatteso; anche in questo caso possono essere usati anch’essi come una buona vetrina per gli articoli, la qualità saranno gli utenti a discuterla.
A proposito del terremoto in Abruzzo e della scossa più devastante delle 3,32, gran parte delle prime notizie provenivano da Twitter e Facebook, mentre le redazioni dei giornali dormivano o faticavano a dare un qualunque aggiornamento sull'evento.
Chiunque si occupa di informazione non può tralasciare questi aspetti, non può pensare di copiare e incollare al Web il modo di procedere di una redazione offline o più in generale il modello economico della carta stampata o della televisione.


07 aprile 2009

Scrittura creativa: il racconto breve

Il racconto è una forma di scrittura creativa che viene considerata spesso arte minore, in quanto c'è meno sforzo concettuale, creativo e compositivo, non c'è nemmeno l'ansia del non saper cosa mettere dentro la storia se a un certo punto non si capisce più dove farla andare a parare.
Il racconto è visto dunque come un sottogenere del romanzo eppure ci sono moltissime opere brevi che raggiungono la perfezione, si pensi solo a Pirandello.
Per gli scrittori emergenti è sicuramente una palestra, così come lo sono i numerosi concorsi, spesso gratuiti, che possono dare modo a chiunque di cimentarsi nella scrittura. Il problema che si riscontra è spesso contrario a ciò che capita con i romanzi: si deve inquadrare una storia con un buon sviluppo all'interno di poche parole senza dare l'impressione che si vorrebbe in realtà raccontare tutto in modo più esteso. Non è così semplice.
A seguire vi propongo un mio racconto breve (brevissimo) che rappresenta un esempio di sforzo in questa direzione.

L'alveare delle bermuda
La tempesta scuoteva con violenza la nostra imbarcazione e l'equipaggio aveva un bel da fare in quella baraonda; l'umidità, il freddo e la nebbia facevano il resto. La visibilità quella notte era scarsa, ma in mare aperto non correvamo grossi pericoli. Il capitano mi disse di tornarmene sottocoperta per sicurezza. Ero un veterano dei capricci atlantici, ma andai comunque nella mia stanza. Mia moglie era sveglia, sorrise, iniziai a spogliarla, mi spogliò, il nostro imprevedibile turbinio amoroso si attorcigliò ai ruggiti del mare.
All'improvviso una luce bianca attraversò l'oblò illuminandoci a giorno, la nave virò bruscamente facendomi sbattere la testa contro la porta, qualche secondo di smarrimento, poi senza pensare mi misi i pantaloni, baciai Gloria e le dissi di aspettarmi lì dentro. Uscii.
Indicando un faro gigantesco di fronte a noi il capitano urlò che l'avremmo centrato. Il timone si era rotto e la nave non aveva scialuppe d'emergenza: altre cattive notizie? Pensai.
Il faro sembrava un alveare formato da celle luminose. Sopra un'orribile lucertola su due zampe?! In una zampa superiore teneva per i capelli una testa mozzata?!
Un brivido di terrore, ma la luce...il tunnel di luce prima del paradiso, non potevo fare a meno di immaginare ciò che esisteva oltre, a Gloria. La nebbia scomparve, il mare si appiattii, mi bloccai, davanti il faro, la lucertola scagliò la testa verso di me, io ancora fermo, rapito nell'estasi imprevista, un'intensa fitta trapasso le mie tempie, la Forza.

Impatto!

No. Poco dopo la nostra nave aveva lasciato alle spalle il faro e la lucertola.
Un mio urlò squarciò il silenzio spettrale, a terra c'era una testa, quella del capitano, e non solo, altre teste erano ammassate a prua.
Insieme a me solo Gloria si salvò, ma non ha mai ricordato nulla dell'accaduto.


Dio li fa e poi li accoppa

Distruzione e terremotiDio li fa e poi li accoppa, titolo di uno spettacolo di Giobbe Covatta, esprime al meglio la situazione drammatica che si è creata a causa del terremoto verificatosi nella notte tra il 5 e il 6 aprile alle 3,32.
Si sarebbe potuto prevedere? No. Il problema è che l'Italia, paese ad alto rischio idrogeologico, ha fatto finta che questa criticità tipica del suo territorio non esistesse, così un terremoto, la cui forza non è stata in fondo devastante ha distrutto case, paesi interi e spezzato vite umane come il peggiore dei fenomeni sismici. Non è accettabile.

Lo sciame di scosse che continuano a susseguirsi, le cosiddette scosse di assestamento, possono essere monitorate sul sito dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e tra gli altri grazie a un servizio (Earthquake) che offre Google che a quanto pare continua a muoversi come uns piovra cercando di estendere le proprie funzionalità ai campi essenziali della vita umana, tra i quali l'ambiente con il progetto Path to green energy e la salute, con l'implementazione di Google Health per l'utilizzo di un account attraverso il quale è possibile registrare uno storico personale dei trattamenti, delle ricette e della propria situazione medica.

Ritornando al tema principale penso che ci sia bisogno di sottolineare che investire sul futuro significa anche prevenire, per quanto possibile nel caso dei terremoti, ristrutturando, rispettando canoni anti-sismici nella costruzione di nuove abitazioni e magari già che ci siamo anche energetici.
Com'è possibile che alcuni palazzi recenti siano crollati e altri a fianco siano rimasti in piedi? Evidentemente non si è fatta molta attenzione a questi aspetti, come se la sicurezza fosse un problema secondario.
Il modo di agire tipicamente italiano è quello di aspettare che si verifichino emergenze con uno sperpero inutile e spesso irrazionale di risorse nel migliore dei casi e di morti, feriti nel peggiore, come tragicamente è successo in questo caso.

L'ultimo pensiero va a Matteo e Marta, i ragazzi tirati fuori vivi dalle macerie la sera del 7 Aprile, la speranza per il futuro passa anche sulla loro miracolosa salvezza.

03 aprile 2009

L'apocalisse di Google?

google crisiI server di Google sono al sicuro. Questa è la speranza visto che gran parte della conoscenza umana e dell’individuazione della stessa da parte degli utenti passa attraverso 45 container localizzati in una o più località segrete al di sopra di un imprecisato strato d’acqua, forse in qualche base nascosta in mare aperto, Pacifico o Atlantico, chi lo sa, ogni container dispone di 52,200 servers con relative unità UPS di backup, siamo in una botte di ferro? Forse.

Mi viene in mente la puntata di South Park nella quale si verifica un cortocircuito alla rete Internet e lo scenario diventa in poco tempo apocalittico, la gente si ammassa nei campi profughi, unici luoghi all’interno dei quali ci sono postazioni con una connessione funzionante, si arriva così al razionamento di Internet, le persone si dispongono in fila indiana in attesa di poter controllare le proprie email, facebook o il blog personale.
La paura in fondo è sempre la stessa, quando si crea una fitta rete di informazioni che passano attraverso lo stesso canale cresce inevitabilmente l’ansia per un blocco improvviso, un tracollo, un'interruzione più o meno momentanea del servizio di trasmissione.

Partendo dal presupposto che una delle capacità più sviluppate dell’uomo è quella di adattamento nei momenti peggiori della sua storia è anche vero che la rete Internet è forse per la sua natura multicentrica una delle infrastrutture umane più sicure.
Infatti i pacchetti che passano attraverso le grandi dorsali nel caso in cui non riescano a seguire una strada vengono reindirizzate ad altre vie alternative.
Anche per quanto riguarda Google è chiaro che nonostante abbia praticamente monopolizzato il mondo delle ricerche avrebbe a disposizione altre possibilità.
I danni sarebbero probabilmente solo economici, si pensi al mondo variegato degli annunci adsense, gli accordi e i contratti legati, potrebbe essere un’ecatombe finanziaria, ma dopotutto ci siamo abituati, non è vero?
La finanza non è altro che un gioco con cui fare bolle, con crystal balls ci puoi giocare e tante cose puoi inventare, ad esempio un nuovo motore di ricerca, sebbene i fallimenti in questo segmento sono molti, si pensi solo al recentissimo fallimento di Wiki Search.

01 aprile 2009

Speech to text e indicizzazione audio

tecnologia speech-to-textNel futuro degli algoritmi di Google ci sarà posto per la tecnologia speech-to-text o è solo uno scenario di fantascienza?
Si parla molto spesso di text-to-speech (da non confondere) in quanto si tratta di qualcosa che si è già affermato nel tempo, anche al di fuori di Internet, soprattutto perché riguarda problemi di interazione e accessibilità di cui soffrono ad esempio persone affette da mutismo, ma che non hanno nulla a che vedere con tematiche SEO.
Se invece si affronta la tecnologia speech-to-text, detta anche speech recognition (riconoscimento del parlato) o computer speech recognition, le implicazioni sono più complesse e rilevanti.

Lo speech-to-text può essere inteso come una conversione automatica di una fonte audio, estrapolata da un video, da una chiamata, o da qualsiasi prodotto di registrazioni sonore, in una forma scritta, con tutte le possibili conseguenze.
Ma quali sarebbero queste conseguenze?
Escludendo il tema popolare delle intercettazioni che con questo sistema accrescono in parte la loro efficacia permettendo di individuare subito i contenuti sensibili, le potenzialità sono più evidenti in relazione al futuro degli algoritmi di google.

Sappiamo che per quanto riguarda il linguaggio flash le soluzioni per il riconoscimento dei contenuti da parte dei motori di ricerca sono piuttosto al ribasso quando non assenti; sappiamo che lo stesso problema esiste per le immagini che possono sfruttare solo il tag alt eliminando la possibilità di creare una scala di valore se non attraverso la valutazione della pagina all'interno della quale l'immagine è inserita; siamo anche a conoscenza di problemi particolari quale quello dell'utilizzo di font più ricercati non supportati da tutti i computer, usati per questo ad immagine, che però possono sfruttare soluzioni tipo typeface.
Soluzioni di sopravvivenza nella maggior parte dei casi.

Paradossalmente il materiale video potrebbe essere un vaso di Pandora in prospettiva e così le soluzioni speech-to-text. Google sta affrontando il tema sotto il progetto Google Audio Indexing, utilizzato in fase sperimentale alle ultime elezioni presidenziali americane.
Con la crescita costante delle capacità di calcolo e di archiviazione degli strumenti informatici non è in fondo impensabile che nel giro di pochi anni i geni smanettatori di Mountain View implementino o integrino un sistema per il riconoscimento automatico dei contenuti audio del video, potendo convertire il tutto in testi e adattando quindi le stesse regole per il contenuto testuale a questo tipo di materiali.