27 marzo 2009

Addio ai fogli rosa della Gazzetta dello Sport

Pubblicazioni onlineIl mercato dei giornali è in crisi ormai da tempo, tanto più in Italia, dove probabilmente senza le sovvenzioni statali gran parte dei prodotti editoriali sarebbero già scomparsi anni fa.
Ma a questo punto della storia quali azioni imprenditoriali dovrebbero intraprendere gli editori?
Le soluzioni esistono già e sono strettamente legate all’uso efficace di Internet, il giornalismo online non è altro che un semplice adattamento della professione al mezzo, adattamento però indispensabile per la sopravvivenza della carta stampata.

Come in ogni rivoluzione che si rispetti per sopravvivere bisogna conoscere al meglio i mezzi e gli strumenti che hanno portato al cambiamento, per cui non si può pensare di usare Internet come fosse semplicemente un foglio di carta digitale su cui pubblicare un articolo, così come la televisione non è diventata la versione visiva della radio.
Quali strategie dovrebbero attuare i giornali? Nulla di nuovo all’orizzonte, l’attenzione da rivolgere è la stessa che usano già parte dei segmenti dell’economia come l’e-commerce, i blog professionali, i siti di settore.
I quotidiani però hanno vantaggi evidenti riguardanti la mole costante di contenuti che possono pubblicare con una redazione stabile che si occupa dei temi più disparati regolarmente.

Bisogna perciò individuare una soluzione tecnologica all’avanguardia che sia user-friendly e search-friendly, per cui fare in modo che sviluppatori ed esperti seo e di web marketing possano lavorare per lo sviluppo della strategia.
Gli stessi giornalisti dovrebbero conoscere quali sono le regole fondamentali per una buona scrittura sul Web e magari riuscire a mettere sempre qualche chiave di volta in più negli argomenti trattati, cercando di non costruire i soliti articoli fuffa che spesso non sono altro che la riproposizione delle news delle agenzie di stampa, le quali tra l’altro hanno un loro sito e dunque perlomeno bisognerebbe offrire un po’ di più se non si vuole che chi cerca una notizia finisca al sito dell’Ansa ad esempio.

Nel caso dei quotidiani online la coda lunga è certamente uno dei punti di forza, in quanto ogni argomento è affrontato a più riprese e sotto diverse angolature, per cui ogni elemento può diventare potenzialmente fonte di traffico, il problema restano i siti specializzati in un certo settore che tendono comunque a primeggiare nelle serp, ma una volta che il sito è ottimizzato i risultati possono essere comunque buoni.

Inoltre la forza dei quotidiani è che trattando di tutto lo scibile umano possono sfruttare a pieno tutti gli strumenti che offrono i social network quali Facebook, Twitter, e tutti quei siti che permettono pubblicazioni e condivisione di notizie tramite feed, anche per argomento in modo da intercettare comunità che si scambiano opinioni riguardo a temi particolari, a proposito di questo approccio si parla anche di Social Journalism, un giornalismo più coinvolto attraverso il quale si cerca di portare il lettore alla costruzione, segnalazione e discussione delle notizie.

Se per quanto riguarda i libri la carta risulta essere un elemento più importante, in quanto è percepito come un valore aggiunto al contenuto, i giornali quotidiani non hanno più alcun senso economico e logico nel continuare ad uscire su carta stampata, il futuro è Internet con le relative soluzioni crossmediali che li legano a Tv, radio, mobile e a tutto il mondo multimediale in generale.

16 marzo 2009

Dalle 5 W al SEO: il giornalismo online

Le regole del giornalismo online non sono poi così dissimili da quelle che ogni professionista dell'informazione impara a conoscere già dalla stesura del suo primo articolo su un qualsiasi foglio di carta stampata.
Ecco che dunque è utile partire dal comandamento redazionale (eredità anglossassone) delle 5 W per poi ampliare il discorso e quindi estendere un buon metodo giornalistico da applicare su un canale, quello del Web, che offre evidentemente potenzialità maggiori in termini di approfondimento ma che al rovescio della medaglia, nel caso in cui al giornalista non si affianchino figure quali Seo, Content Manager, Web Writer, necessita di una formazione che non può tralasciare le particolarità della pubblicazione online di un qualsiasi contenuto.

Per scrivere sul web bisogna perciò abbinare ad una conoscenza che può essere per lo più umanistica una serie di nozioni più o meno tecniche che riguardano il mezzo, Internet.

Le 5 W che all'interno di un articolo dovrebbero apparire nelle prime righe, nel cosiddetto lead (attacco) del pezzo, sono Who, What, Where, When, Why, rispettivamente chi, cosa, dove, quando e perché. Tutto ciò serve al lettore per inquadrare subito l'argomento, l'evento, la situazione; si tratta semplicemente delle informazioni essenziali.
Anche i motori di ricerca gradiscono questo approccio, in quanto è probabile che all'interno delle 5 W siano presenti le keywords, per cui scrivere un post con questo incipit è un buon inizio anche se si dovrebbe fare un ulteriore approfondimento sulla rilevanza delle 5 W.

Pensiamo ad esempio ad un delitto, magari quello di Cogne, mi perdoni Bruno Vespa che ha probabilmente i diritti d'autore sul tragico evento, in questo caso ad esempio risulta fondamentale per come è stato approfondito da gran parte dell'informazione il luogo, Where, dove è avvenuto, magari allora sia nel titolo che nell'abstract (riassunto iniziale) si metterà l'accento su questo aspetto della vicenda; chi in fondo si occupa di cronaca nera sa che per ricordare i delitti li si etichetta spesso con il nome del luogo dove sono stati commessi.

Se le 5 W possono essere importanti all'interno del pezzo che poi effettivamente l'utente può leggere, esse possono risultare importanti anche per quanto riguarda ciò che non si vede nella pagina dell'articolo, non meno importante, ad esempio nelle Serp, attraverso quello che viene definito snippet, cioè le due righe di testo che si vedono sotto il titolo della pagina e sopra il relativo url.
Ciò significa che lo stesso Abstract dell'articolo deve essere riproposto in forma molto ridotta in un meta tag description della pagina, quindi del relativo contenuto specifico, con una lunghezza che non dovrebbe essere superiore alle 20 parole, anche se ora Google sembra offrire la possibilità di ampliare lo snippet fino al doppio delle parole, circa 4 righe di descrizione.

05 marzo 2009

Monumento ai caduti di Gualtieri

Monumento ai caduti di Gualtieri
L'Italia è costellata da opere commemorative tra le quali spiccano in gran parte dei comuni, dai più piccoli alle grande metropoli, i monumenti ai caduti, in gran parte edificati per ricordare le vittime e i martiri delle due guerre mondiali.
In particolare il monumento ai caduti di Gualtieri, paese reggiano famoso anche grazie al pittore Ligabue vissuto proprio su questo territorio, si trova in piazza 4 Novembre, dietro al Palazzo Bentivoglio (volgarmente chiamato Palazzone).
Si tratta com'è ovvio di un'opera per la memoria la cui storia è tutt'altro che celebre e nota al comune di Gualtieri e alla sua gente, sembra oltretutto sempre più inaccessibile alle nuove generazioni vista l'assenza nella biblioteca del paese di testi e libri di storia locale che fanno riferimento a questo monumento e alla sua realizzazione.

Questo vuoto documentario mi ha molto sorpreso e ciò non ha fatto che rafforzare l'idea di partenza con cui mi accingevo ad osservare questa testimonianza commemorativa: l'ignoranza come pratica del non fare-osservare diffusa, la mia ignoranza che diventava sempre più palese facendo foto e concentrandomi sui dettagli.
Come nasce il monumento? Sono riuscito ad ottenere le informazioni basilari grazie ad una biografia dell'artista Alberto Bazzoni e a Gianluca Torelli, esperto di storia e arte locale, già autore di guide del paese.

Il primo “Monumento ai caduti” di Gualtieri viene eretto nel 1924, in epoca fascista, ad opera dello scultore Alberto Bazzoni, non nuovo a questo tipo di realizzazioni, dopo aver vinto il concorso istituito appositamente. Era situato al centro della piazza Bentivoglio ed aveva la funzione di ricordare i morti della prima guerra mondiale: così come avveniva altrove e con altri mezzi il fascismo cercava di infondere l'amore per la patria, per i suoi eroi, richiamando più o meno indirettamente a pulsioni e stati d'animo quali coraggio, identità, inflessibilità; tutte tematiche care al fascismo, e più in generale ad ogni dittatura.
Il monumento, un obelisco, era strutturato in una base di marmo larga sormontata da un tronco di piramide lungo e stretto. La descrizione risulta lacunosa a causa delle poche informazioni che ho potuto ricavare.

Dopo la caduta del fascismo il monumento è rimasto intatto fino alla fine degli anni 60', quando durante l'amministrazione Salomoni è stato dismesso e la base di marmo di cui era fatto è andata a comporre il nuovo “Monumento ai caduti”, quello dietro il Palazzo Bentivoglio per l'appunto.
Si è proceduto quindi con un'opera di collage, le uniche informazioni di cui potevo disporre, i documenti comunali mi sono stati preclusi per via del disordine con cui sono stati archiviati e sebbene mi sembrasse di essere uno degli assistenti di Dan Brown ho desistito dall'impresa.

Dunque “i caduti” sono stati commemorati attraverso la fusione di differenti periodi storici nonché materiali: il vecchio marmo, con la vecchia iscrizione di stampo futurista “Al magnanimo sogno d'italica luce trasfigurante l'impeto feroce della voluta offesa per la difesa sacra,” in numeri romani è indicata la data 16 Novembre 1924.

Sotto l'iscrizione possiamo trovare poi una targhetta in bronzo su cui c'è scritto “L'associazione naz. Famiglie e adulti dispersi in guerra nel cinquantenario 1918 – 1968”, documento scritto che prova la commistione di due azioni commemorative distinte, una fascista per i morti della Grande Guerra e una più generale ed ideologicamente neutra che abbracciasse sotto un'unica bandiera tutti i morti delle due guerre.
Sulla base marmorea sono stati poi messe le targhette di tutti i paesani morti in ordine alfabetico, prima quelli caduti nella Prima guerra, poi quelli della Seconda Guerra Mondiale, soldati, figure militari e civili indistintamente, altro possibile segno di un tentativo di superamento delle ideologie, a voler sottolineare che la guerra finisce per essere comunque una tragedia per tutti, a prescindere dallo schieramento di cui ognuno abbia fatto parte.

Oltre alle prime sensazioni di vuoto emotivo, di tragicità e pure smarrimento di fronte ad un'iscrizione (quella fascista) che contrastava con la terribile realtà della guerra, ciò che ho potuto ricavare dall'osservazione del “Monumento ai caduti” credo possa avere un valore sociologico, nel senso che considerandomi in parte riflesso della società credo di poter e (anche di dover) comunque trarre anche da quest'esperienza personale spunti e riflessioni più generali.
Mi sono trovato di fronte a qualcosa che avevo sempre visto fin da bambino ma al quale non mi ero mai avvicinato per leggere tutte le iscrizioni e le targhette, scoprendo ad esempio che i caduti commemorati sono sia della prima che della seconda guerra mondiale.
Cosa significa? E' un esempio di come la curiosità non sia messa a frutto, se non raramente, l'invasione dell'immagine a cui siamo sottoposti nella vita di tutti giorni forse non aiuta (la televisione, la pubblicità, il cinema); rimane il dato di fatto che ciò che ci circonda materialmente sembra non differire per nulla da ciò che si fruisce passivamente davanti ad uno schermo.
Il risultato è la trasposizione della passività dall'ambiente domestico al mondo circostante, quasi tutti sanno che “quel monumento è lì per ricordare i caduti”, non si va oltre l'informazione minima, a volte non c'è nemmeno quella; certo forse accusare la televisione di dar vita a tanti spettatori del mondo acritici e che danno tutto per dato di fatto è estremizzare il fenomeno, ma di certo una relazione c'è.

L'educazione scolastica dovrebbe abituare gli studenti all'applicazione costante della curiosità (che è uno dei principali strumenti che abbiamo contro qualsiasi potere), del dubbio metodico, della ricerca delle relazioni, non è semplice e di certo poi competere attraverso il ragionamento e le parole per smontare l'ideologia dell'immagine basata sul “si vede, è vero, non c'è da aggiungere nient'altro,” può risultare noioso, ma questa è la vera sfida per la libertà.
Forse si dovrebbero ergere monumenti ai martiri della curiosità come monito all'ignoranza, alla pigrizia mentale: la forza dell'ignoranza è che purtroppo nell'ignoranza non si è mai soli.

Il discorso sembra essersi spinto molto lontano dalle prime impressioni avute di fronte al monumento, non è così, in conclusione posso affermare che la curiosità che ho dovuto mettere alla prova per questa ricerca ha messo in luce riflessioni che mi ritrovo spesso a fare sulla società, sulla valenza dell'immagine, sull'informazione semplificata, ripetitiva ed eccezionale dei telegiornali, sulla scarsa curiosità moderna e maggioritaria verso le manifestazioni del mondo.
Prima o poi ci sarà bisogno di un monumento alla caduta della nostra razionalità, della quale del resto la crisi economica sembra essere una conseguenza.