26 ottobre 2005

I racconti della notte: "Fracassar d'ossa"

Non stava piovendo come invece era accaduto quotidianamente la settimana precedente. Era lunedì, una sera fredda di tardo autunno nella quale il tasso di umidità era altissimo. Le strade erano praticamente deserte, erano quasi tutti a guardare la Fiction di successo che trasmettevano settimanalmente sulla rete pubblica.
“Arrivo, amore, scusa se non sono riuscita ad essere a casa presto per festeggiare, ho dovuto concludere la compilazione di alcune pratiche che servono obbligatoriamente domani mattina...certo, non ti preoccupare, sono solo le 10.” Il cellulare di Veronica aveva segnalato con tre beep di essere a corto di batteria: “Tra una decina di minuti...” Ed il cellulare si addormentò. Speriamo abbia capito, capita sempre così! Tutte le cose importanti si concentrano in pochi momenti, che stress!
C'erano due ragazzi che discutevano animatamente sul marciapiede di fronte ad un bar. “Prova a richiamare la mia ragazza e ti spacco la faccia, capito stronzetto?”
E l'altro ragazzo, biondo, con indosso una giacca nera di pelle: ”Guarda che io la tua ragazza non l'ho mai chiamata, è lei che si fa sentire.”
“Non dire cazzate! Capito! Comunque sappi che se ti trovo a parlare con lei...insomma ti ho avvisato.”
“Uh! Che paura! Ho i brividi di terrore.” Stava fingendo il biondo e ci riusciva molto bene, non era esile ma non aveva certo il fisico del tipo moro con cui litigava, che invece sembrava un vero e proprio culturista, tutti i suoi muscoli trasparivano dalla sola felpa aderente che aveva addosso.
“Non fare il coglione! Non si scherza col fuoco! Ora basta, non voglio più perdere tempo con te, piccolo pezzo di stronzo. Ah...un'altra cosa...dì a tua madre di smettere di scopare qua e là, ormai l'unico che non sa di questa cosa è tuo padre.”
“Cos'hai detto?! Pezzo di merda!” Il biondo aveva cambiato di colpo l'espressione, non c'era più alcun segno di timore, nei suoi occhi si scorgeva l'ira, nel suo respiro, gli prudevano le mani ed improvvisamente fece un balzo in avanti e tirò un destro all'altro che rimase di stucco di fronte a quella reazione, il pugno era andato a segno e la mascella sinistra gli faceva male, se la massaggiava. Non credeva che sarebbe riuscito a provocarlo tanto, aveva ottenuto ciò che voleva, era soddisfatto, il suo desiderio quella sera era proprio arrivare alle mani, le provocazioni facevano parte di quel piano.
Veronica si era fermata a guardare la scena, inizialmente non aveva compreso fin dove quei due ragazzi si sarebbero spinti, ma dopo aver visto sferrare il primo colpo si rese conto che la situazione era sul punto di degenerare.
“E bravo Michael, hai avuto il coraggio di darmi un pugno. Hai fegato biondino” Michael si avventò nuovamente ma stavolta con tutto il corpo verso il ragazzo moro che però stavolta era attento, lo spinse via così forte da farlo cadere e guardandolo dall'alto: “Allora Michael, hai intenzione di continuare?”
“Vaffanculo Andrea!”
“Risposta sbagliata caro.” Gli sferrò una decina di calci, con un gioioso sorriso sulle labbra. “Che c'è? Non parli più? Biondino!” Ancora calci. “Ah! Come scopa bene tua madre!”
Ad un certo punto si sentì un grido soffocato. Doveva essere giunto da pochi metri da lì. Andrea si guardò intorno, non c'era nessuno sulla strada principale, se non una donna ferma di cui si era accorto solo in quel momento; s'incamminò verso l'incrocio della via su cui si trovavano e il piccolo viottolo laterale, un vicolo che non portava da nessuna parte visto che ad una trentina di metri si ergeva un muro alto almeno 3 metri a chiudere il passaggio.
Veronica si avvicinò al bar, Michael era ancora steso a terra, sembrava essere stato investito da un camion, delle gocce di sangue scendevano dalla sua bocca.
“Stai bene? Non voglio intromettermi ma forse sarebbe meglio chiamare un'ambulanza.” Chinandosi su di lui e con voce premurosa cercava di tranquillizzarlo.
Andrea scrutò il vicolo che era scarsamente illuminato, c'era solo un lampione all'incrocio che faticava a proiettare luce in quello spazio a cui lati incombevano due palazzi. Il suo sguardo si riempì di orrore: ”Porca puttana, è Lui! Scappate, laggiù c'è qualcosa, qualcuno, scappate!” E corse via in direzione della sua macchina che si trovava lì vicino, una sgommata e Andrea era ormai molto distante da lì.
Veronica, curiosa più che mai, si avvicinò a quella stretta via laterale. Fu colta dallo sgomento, paralizzata. E' un pupazzo, no! E' una persona quella! Cristo! Veniva sbattuta come un tappeto sull'asfalto, si udivano i colpi secchi delle ossa che impattavano per terra, qualcuno o qualcosa, alto almeno 2 metri e mezzo, stava martoriando con una violenza indicibile quel corpo, presumibilmente ormai senza vita. Veronica urlò.
Quella cosa si fermò, si volse verso di lei, almeno così sembrava, teneva il corpo della sua vittima sotto quello che pareva essere un braccio, doveva averle spezzato tra le altre articolazioni quella del collo, visto che la testa era quasi completamente allineata al contrario, sulla schiena, era un miracolo che fosse ancora attaccata al resto del corpo.
Veronica vide in quell'enorme massa due occhi, prima li aveva visto rossi e poi gialli, luminosi. Devo scappare o prenderà anche me! Ma era bloccata, ipnotizzata, qualcosa la stava tenendo ferma, anzi ora la costringeva a dirigersi verso di lui.
Michael si alzò da terra, camminava a fatica, raggiunse, compiendo grandi sforzi, Veronica: “No, voltati verso di me!” Cercò di svegliarla da quello stato di trance. “Non guardarlo negli occhi! Non guardarlo! Ehi!” Le diede uno schiaffo che la fece ridestare da quello straniamento.
Con un rapido salto la cosa saltò il muro e scomparve portandosi via il suo bottino di carne umana.
“Non potevo controllare il mio corpo, ero intrappolata, non avevo potere su me stessa.”
“Lo so, per fortuna ti ho presa in tempo. Devi stare attenta! E non essere mai troppo curiosa. Capito?”
“Ma quello? Cos'era? E quello che ha portato via era un uomo?”
“Allora non mi hai capito. Non è importante cosa sia, l'importante è stargli alla larga, quello che stasera qualcuno non è riuscito a fare. E ricordati: la curiosità in questo posto maledetto uccide.”
“Dobbiamo chiamare la polizia. Poi tu, ti sei ripreso? Avresti bisogno di andare in ospedale.”
“No, sto bene, solo qualche ammaccatura, niente polizia, dove hai la macchina?”
“Sono a piedi, abito poco distante da qui.”
“Non importa, vieni su con me, potrebbe essere pericoloso rimanere tutta sola.”
E Veronica accettò, non l'avrebbe mai fatto in altre situazioni, ma le emozioni si erano succedute con così grande velocità ed intensità che non avrebbe potuto rifiutare la compagnia di qualcuno. Non aveva mai avuto tanta paura come in quell'ultima mezz'ora; avrebbe comunque cercato di evitare di parlare di ciò che era accaduto, non devo essere troppo curiosa, cercava di convincersi, avrebbe seguito almeno un po' il consiglio di Michael.
“Non ci siamo neanche presentati.” Chi avrebbe pensato ad una cosa del genere in quei momenti. “Io mi chiamo Veronica, piacere. Sono stata trasferita da poco in questa cittadina, lavoro in una banca.”
“Piacere mio, io sono Michael, sono nato qui e qui vivo da sempre, che fortuna eh?”
“Non dai l'impressione di esserne molto felice.”
“Beh sai, è vero che qui c'è tutta la mia vita, i miei ricordi, i miei amici, ma questo rimane comunque un posto piuttosto particolare.”
“Ok. Sono arrivata, lasciami qui, scusa, continueremo a parlare un'altra volta, grazie del passaggio. Buona serata.”
Tutta quella quiete che Veronica cercava di far trasparire dalla sua voce e dal suo volto contrastava con le sensazioni orribili che tratteneva dentro di sé. Quella sera, aveva imparato da Michael, come quella gente si era abituata a vivere in un perpetuo stato di angoscia e d'impotenza.
“Magari ci rivediamo, mi farebbe piacere, la sera vado spesso nel bar dove mi hai trovato oggi. Buona serata.”
Michael fece manovra per tornare indietro e si dileguò in fretta tra gli edifici, casa sua era dall'altro lato della città.

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