19 marzo 2007

Testimonianze della resistenza durante la seconda guerra mondiale

Riporto qui alcune delle ultime lettere e parole di coloro che sono morti durante la seconda guerra mondiale per mano fascista (nel senso ampio del termine, perciò non solo in riferimento all'Italia di Mussolini). Sono tratte dal testo Utopia della pace nella resistenza di Giorgio Luti (pag. 54-64).

Anka Knezevic, studentessa liceale di 19 anni, torturata e fucilata nel dicembre 43':
“Con le nostra ossa e con i nostri cadaveri edifichiamo un nuovo mondo nel quale gli uomini vivranno da uguali e avranno tutti i diritti. Vado alla morte con assoluta fiducia che la vittoria sarà nostra, e sarò felice persino nella fossa quando verrà quel giorno per il quale ho donato la mia vita.”

Pedro Ferreira, ventitreenne genovese, comandante della VII divisione alpina “Giustizia e Libertà” prima della fucilazione scrive:
“...maggiore sarà la possibilità di reazione al dolore se penserete che il vostro figlio e fratello è morto come i fratelli Bandiera, Ciro Menotti, Oberdan e Battisti colla fronte rivolta verso il sole ove attinse sempre forza e calore: è morto per la Patria alla quale ha dedicato tutta la sua vita: è morto per l'onore perché non ha mai tradito il suo giuramento, è morto per la libertà e la giustizia che trionferanno pure un giorno quando sarà passata questa bufera e quando sulle campagne devastate e le città distrutte volerà la colomba recante l'ulivo della pace e della concordia.”

Pietro Benedetti, commissario politico della 1°zona di Roma, fucilato nell'aprile 1944:
“...Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madre patria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.”

Dìmitra Tsatsou, ventitreenne greca torturata e fucilata per rappresaglia nel marzo 1943:
“Mammina perdi una figlia che non ti apparteneva, perché apparteneva prima di tutto alla Grecia. Con la mia morte diventano figlie tue tutte le figlie di Grecia, e tu diventi mamma del mondo intero, di tutti i popoli che combattono per la libertà, la giustizia e l'umanità. Sono orgogliosa, mai avrei aspettato simile onore, di morire io, una povera ragazza del popolo, per ideali così belli e alti. Sono certa che non sentirò paura dinnanzi al plotone, e che starò inflessibile come lo sono stata nella vita.”

Aleksei Borkanuk, organizzatore della resistenza nell'Ucraina carpatica, fucilato a Budapest nell'ottobre 1942 scrive alla famiglia:
“Miei cari, non rimpiangetemi e non rattristatevi per me. Oggi migliaia e centinaia di migliaia de migliori figli del popolo muoiono per un migliore avvenire dell'umanità. La guerra è la più grande sciagura dell'umanità...”

Félicien Joly, studente francese di 21 anni, fucilato a Lilla nel novembre 1941:
“...Muoio giovane, molto giovane; vi è qualcosa che non muore, è il mio sogno! Mai come in questo momento mi è apparso più chiaro, più grandioso, più vicino a noi. Ecco, l'ora del mio sacrificio è venuta: l'ora del suo compimento si avvicina, la mia lettera finisce; il tempo fugge, tre ore soltanto mi separano dalla morte, la mia vita sta per concludersi.
Presto il duro inverno, presto anche la bella estate; io riderò della morte perché non morirò, non mi uccideranno, mi faranno vivere eternamente; il mio nome risuonerà dopo la morte non come un rintocco funebre ma come un volo di speranza.”

Ivan Bankov Dobrev, ventiquattrenne bulgaro impiegato delle poste, torturato e fucilato nel novembre 1943:
“E adesso, fratello, in questi pesanti giorni d'autunno io vi lascio; ma non per mia volontà. Ho il cuore che mi sanguina per la pena che vi procuro, ma non dovete addolorarvi. Tu sai bene perché muoio e sai che la mia vita non se ne va inutilmente come una bolla di sapone. Verranno dei giorni in cui tutto ciò sarà apprezzato e questi giorni sono vicini, molto vicini.
Fra lo strepito delle esplosioni e le lacrime di milioni di uomini nasce una nuova vita, più bella e più buona. Ogni giorno, ogni momento io l'ho desiderata e ho dato per essa la maggiore offerta che un uomo può dare: la sua vita. (...) Io muoio perché gli altri vivano. Addio, non ci vedremo più.”

Hendrik Pieter Hos, giovane medico olandese fucilato nel maggio 1944:
“...Ancora una volta, è peccato che non ci sarò più il giorno della pace. Ho sempre sperato di poter contribuire allora con tutta la mia forza ed energia alla ricostruzione, non soltanto materiale, ma anche spirituale. Il nostro lavoro propriamente detto non comincia che dopo la guerra. Eliminare l'odio tra i popoli, perché solo quando questo non esiste più, la vera pace può venire.
Solo allora il fondamento della pace, la fiducia, può fare il suo ingresso nel mondo."

Daniel Decourdemanche, insegnate parigino trentaduenne, fucilato nel maggio 1942:
“Mi considero un poco come una foglia che cade dall'albero per fare terriccio. La qualità del terriccio dipenderà da quella delle foglie. Voglio alludere alla gioventù francese nella quale ripongo ogni mia speranza.”

Hermann Danz, operaio tedesco giustiziato a Berlino nel febbraio del 1945:
“E' una sensazione assai strana essere rinchiusi in una stretta cella, separato da tutto ciò che si ama e si ha di caro su questa terra (...) Mai ho visto le foglie morire in tanta bellezza come questa volta, che è anche l'ultima in cui i miei occhi vedranno uno spettacolo simile. (...) Tutto sarà come prima. Solo io non ci sarà più. Mai più!
Se sono disperato per questo? Se lo sono stato nelle ultime settimane? No! A mano a mano aumentava la convinzione che nulla sarebbe valso salvarmi, aumentavano in me anche le forze per sopportare con rassegnazione il mio destino. Le foglie debbono cadere e decomponendosi diventare concime...”

Marie Kuderiková, operaia cecoslovacca:
“...Ho sempre avuto il coraggio di vivere, non lo perderò neppure faccia a faccia con quella che, nel linguaggio degli uomini, si chiama morte. Vorrei prendere su di me la vostra tristezza, il vostro dolore. (...) Vi prego, vi prego, abbiate anche voi forza, non soffrite, non piangete! (...) Oggi è una bella giornata. Vi trovate in qualche punto del campo o del giardinetto. Sentite, come sento io, questo profumo, questa bellezza? Come se io, oggi, la indovinassi. Sono stata a passeggio, all'aria satura del fluido di primavera, del tepore; splendore, profumi e ricordi. La poesia delle cose di ogni giorno toccava, con fare tiepido e gradevole, il nervo nudo dell'anima. (...) La vita con suo battito quotidiano. Amatela, amatevi, imparate l'amore, difendete l'amore, propagate l'amore...”

Walter Kämpf, fucilato a ventitré anni nel 1943:
“...E anche se molte gemme cadranno, bruciate dal gelo, distrutte dalla tempesta e dal vento, l'albero continua a fiorire. Sa che è vicina l'estate che lo scalderà e il sole e la luce diventeranno più forti. E così vi saluto, dovesse essere l'ultima volta, con molti baci e con un sorriso: Alta la testa!”

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