22 ottobre 2005

In ricordo di Antonio Russo

Antonio Russo era, fra le molte cose, un reporter free lance. Dopo aver studiato filosofia, aveva iniziato la professione giornalistica realizzando, circa dieci anni fa, il suo primo servizio, un reportage dalla Siberia. Lavorava di solito in regioni di crisi, spesso di guerra, dove si muoveva conducendo inchieste che per argomento e modalità richiedevano margini di rischio molto maggiori di quelli accettati dalla gran parte dei suoi colleghi. Era stato in Algeria nel periodo dei massacri integralisti, in Burundi e Ruanda durante la guerra hutu-tutsi, in Colombia, Ucraina, a Sarajevo durante l'assedio. Il suo nome divenne famoso durante la guerra del Kosovo, dove fu l'unico giornalista occidentale rimasto nella città assediata di Pristina. Per giorni non si ebbero sue notizie; aiutato dalla popolazione era riuscito a fuggire mescolandosi ai profughi albanesi diretti verso la Macedonia. Al suo ritorno, ricevette due importanti premi giornalistici. Un eco di quella vicenda arrivò anche sui giornali tedeschi. Da diversi mesi Antonio Russo era impegnato in Cecenia, da dove, muovendosi nei luoghi più caldi del fronte, inviava filmati e corrispondenze radiofoniche a Radio Radicale, l'emittente radiofonica per cui lavorava in Italia. Basta guardare quei filmati, per capire che dietro il modo di lavorare di Antonio c'erano un coraggio ed un impegno rari. La convinzione, semplice ma tendenzialmente fatale, che per raccontare un evento bisogna viverlo, diventava la molla che lo spingeva ad arrampicarsi sulle montagne cecene per incontrare i guerriglieri, per intervistarli e per condividerne, nella misura in cui è possibile, pezzi di esistenza. Da queste immersioni in realtà sconvolte ne emergeva raccontando con tutti i mezzi a disposizione, alternando la penna alla videocamera al microfono delle corrispondenze radio. Simpatizzando per i partigiani ceceni, ma testimoniando le atrocità della guerra da ambo le parti, Antonio aveva trasmesso materiale che gettava parecchie ombre sul modo di condurre la guerra da parte dei russi, non ultimo il probabile uso di armi chimiche. Negli ultimi tempi, Russo indagava sulla richiesta russa di espulsione dall'ONU del Partito Radicale, accusato di ingerenza nella guerra in Cecenia, considerata dalla Russia, come è noto, un "affare interno". Dopo aver raccolto del nuovo materiale, a suo dire particolarmente importante, Antonio Russo sarebbe dovuto rientrare a Roma il 16 di ottobre. Quel materiale però non è stato possibile visionarlo. Lunedì 16 ottobre 2000 il cadavere di Antonio Russo è stato ritrovato a 25 chilometri da Tiblisi, città in cui risiedeva da Luglio e che usava come base per entrare in Cecenia. L'autopsia ha stabilito che Antonio Russo, trovato con la cassa toracica fracassata dai colpi inferti con un oggetto contundente, è stato torturato prima di essere ucciso. Dal suo appartamento messo a soqquadro, sono spariti un telefono satellitare ed un computer portatile. Il commissario Nugzar Khambashidze, incaricato delle indagini, ha inizialmente affermato di poter escludere ogni pista politica. Nei giorni successivi le autorità georgiane si sono spinte a dichiarare "strane" le circostanze dell´omicidio e del ritrovamento del corpo, giungendo persino a non escludere che una qualche "pista politica" possa, tuttavia, sussistere. (La biografia è a cura del sito 'Futuri.it', riportata dal sito www.mediamente.rai.it.)

Se qualcuno volesse visionare alcuni video filmati proprio in Cecenia può trovarli al seguente indirizzo: http://www.radioradicale.it/cecenia_war/welcome.html.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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