23 novembre 2005

Jack Justice 1

Il bene o il male erano ormai categorie morali passate di moda per Jack Justice, detto anche l'angelo nero delle 6 corde.
Alle soglie dei festeggiamenti per il primo centenario da aggiungere a quel duemila dopo Cristo la maggior parte della popolazione che viveva nelle periferie era intenta a trovare il modo migliore per sopravvivere, le città erano casseforti tecnologiche in cui le emozioni venivano isolate, i contatti e gli scambi tra le persone erano rari. La diffidenza e la paura avevano dato vita al peggior mutamento della società, ognuno viveva solo all'interno del ristretto nucleo familiare che il governo aveva affidato ad ogni cittadino affinché non ci fosse quella definitiva dispersione dell'identità che aveva sempre vinto e dominato fino ad allora nella storia dell'uomo. La vita dei poveri era paradossalmente quella che somigliava di più a un'esperienza umana vera e completa, in città tutto era diventato virtuale, non metaforicamente, la Xbox 100 era riuscita a ricreare le sensazioni tattili, insieme ai giochi venivano distribuite anche caramelle, pastiglie, farmaci, per predisporre la mente a ricevere correttamente tutti gli stimoli che provenivano dalle varie console e dai vari "parallel universes".
Jack Justice conduceva la sua vita al di fuori delle aggregazioni di schiavi delle periferie, quelli che facevano i lavori sporchi di cui nessuno poteva però fare ancora a meno; altrettanto distante dal suo modo di vivere l'idea di farsi costruire ad hoc dal governo un felice futuro di fantasia, sogni e sicurezza come quello della città. Ne avrebbe avuto la possibilità visto che i suoi genitori erano stati entrambi valorosi ufficiali delle forze armate che avevano condotto alla vittoria la patria contro il nemico cinese. Ma se ne andò da casa quando aveva 17 anni, appena si era reso conto che il suo futuro era già stato pianificato.
“Ciao Jack. Dove sei stato? Hai visto la televisione cosa diceva?”
Jack levandosi il lungo cappotto nero di pelle rispose: “Non ti ricordi che ho smesso di guardare la televisione da quando sono andato via da casa, non dovresti guardarla neanche tu. La realtà che descrivono non ti appartiene, dovresti vedere le mie collezioni di reportage, documentari e inchieste riguardanti la televisione che tanto ami. Non ti è mai venuto il dubbio che altri controllino la tua vita? Che quando scegli stai invece solo riproducendo una scelta approvata a tavolino prima che tu abbia scartato le varie alternative? Sì, l'alternativa, lo sai, è una fottuta utopia in questo mondo, la gente qui sta nella propria stanzetta traballante, sola, a piangere e quando esce dal guscio si preoccupa solo di farsi ammaliare dal sorriso più splendente e convincente, come se ciò fosse quello di cui ha veramente bisogno.”

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