26 luglio 2008

Politica e antipolitica


Smetterò di votare da qui in avanti per rendere palese il mio sforzo e la mia aspirazione a giudicare la politica e le sue scelte dall'esterno, senza farmi coinvolgere da simpatie o visioni partitiche.
Voglio evitare di fare mio un atteggiamento come quello di Montanelli che votava a sinistra negli anni 90' nonostante fosse vicino idealmente ai valori della destra per evitare che una certa destra berlusconiana andasse al potere. Si può scegliere una terza via? Esiste?
In questo momento storico non mi è poi nemmeno difficile, a destra abbiamo la Lega, Forza Italia e Alleanza Nazionale, a sinistra PD, Italia dei Valori e Radicali, al centro UDC.
Potrei sparare indistintamente ad ognuno di questi partiti, forse rimarrebbe fuori in parte l'Italia dei Valori, che però essendo l'unica opposizione martellante rischia di diventare il tragico protagonista che grida al “lupo al lupo” nella favola popolare; la politica è costellata di lupi, solo che si presentano come agnelli innocenti ed innocui.
Il mio atteggiamento verrebbe definito antipolitica, ma forse alle elites politiche sfugge il ruolo dell'informazione, del giornalismo, la responsabilità sociale del giornalista. Non a caso il giornalismo nella sua forma migliore viene definito cane da guardia del potere. Se invece vogliamo un giornalismo come cane da passeggio o da riporto del potere allora definiamo pure antipolitica tutti coloro che indagano, scavano, ricostruiscono, interpretano.
C'è un vulnus culturale nelle classi dirigenti, parlano di Costituzione a sinistra, di valori partigiani che non si possono disattendere, di libertà costituzionali, salvo poi non distinguere ciò che chiamano antipolitica da ciò che è veramente anti-politica, cioè il disimpegno.
Di coloro che si allontanano dalla politica nessuno ne parla perché ai politici in realtà non interessano quelli che poi non vanno a votare, mentre si scagliano contro coloro che contestano decisioni, comportamenti, scelte, errori declassandoli a semplici urlatori senza rispetto e senza idee.
Un partito che si preoccupa del calo dei votanti – fenomeno che peraltro in Italia è pressoché assente rispetto agli altri paesi – è come una squadra di un qualsiasi sport che si preoccupa degli infortunati dell'avversario, fingendo di non gioire di fronte all'assenza di tanti giocatori. Poco credibile, meno gente vota più è possibile stabilire chi saranno i vincitori.
Mani Pulite evidentemente non è riuscita a dar vita ad un nuovo modo di concepire e fare politica, si pensi allo scandalo dell'amministrazione regionale abruzzese o si guardi qualche puntata di Report che fa inchieste che in un paese normale porterebbero a dimissioni su dimissioni di dirigenti ma che in Italia non producono alcun effetto se non riflessioni quali “l'Italia fa schifo” o “vanno avanti sempre i furbi, gli amici”.
Del resto se Mani Pulite la si incasella in un periodo storico invece di portarla ad ispirazione morale il risultato è che si fanno inchieste, indagini, si condannano parte dei colpevoli, si fanno anche degli errori come avviene nei crolli inattesi, quando una pratica non è quotidiana e diffusa, però tutto rimane circoscritto ad un'azione della magistratura, non si trasforma in un evento su cui plasmare una nuova cultura politica, sociale.
Così sono ormai vent'anni in cui a prevalere è stato sempre l'immobilismo a dispetto delle oscillazioni e dei terremoti che hanno attraversato tutti i partiti, cambiare tutto per non cambiare niente, una regola cara al potere.
Abbiamo dovuto delegare il bisogno di capire, conoscere, interpretare ai soli comici, significa che l'ignoranza e il livello morale hanno raggiunto il livello più basso, a dispetto del cianciare della Chiesa e dei suoi portavoce.
E Andreotti è immortale.

1 commento:

Cesare Rensenbrink ha detto...

A volte me lo chiedo: cosa ci vado a fare in cabina elettorale?

Non so rispondermi. Però ci vado lo stesso, forse per rispetto, forse per illusione, forse per abitudine...