07 settembre 2008

"Il nemico interno"

"Il nemico interno. Immagini, parole e simboli della lotta politica nell'Italia del Novecento" è il libro di Angelo Ventrone attraverso il quale si possono ricavare diversi spunti di approfondimento e rifllessione che voglio appunto condividere con i lettori.

La politica per agire, perpetuarsi e ottenere legittimità nel tempo ha bisogno di strumenti. Il raggiungimento ed il mantenimento del consenso è fondamentale.

Per questi motivi uno degli elementi chiave della politica è la strategia comunicativa, con le sue regole, la sua retorica, spesso così carica di ideali da mostrarsi scevra degli stessi per manifesta incoerenza tra le parole-immagini e la realtà; l'incoerenza è però manifesta solo se l'ascoltatore, l'elettore, il lettore è adeguatamente informato e non bombardato da un'informazione unilaterale che tende a delegittimare l'avversario e a minare ogni forma di dialogo, di confronto.
Si tratta di una strategia che vuole nascondere l'artificiosità della gran parte dei messaggi politici dietro la semplicità e l'efficacia degli spot propagandistici che, come sottolinea Ventrone, sono stati e vengono anche oggi usati da qualunque schieramento, giornale, classe sociale ed elites.

“O con noi o con loro” questo è il sottotitolo di ogni manifesto propagandistico, salvo poi rendersi conto che la realtà è assai più complessa di come la si vuole dipingere. A ben vedere spesso il noi definisce un gruppo di persone in funzione dell'avversario, cioè un gruppo che ha un'identità forte solo grazie alla contrapposizione al nemico, per cui il secondo sottotitolo è: “Noi non siamo come loro”. “Ma allora chi siamo?” verrebbe da chiedersi, ma questa è questione che la propaganda non può porre, non è parola raziocinante quella di cui ha bisogno, necessita invece di slogan, miti, immagini, frasi ad effetto chiare e dirette che anche l'ultimo operaio della catena di montaggio, il contadino dimenticato, l'analfabeta possano vagamente capire e comprenderne il senso, il messaggio.

Richiamando all'attenzione ad esempio la politica italiana di questi ultimi anni una delle accuse fatte al Centro-Sinistra è stata quella di aver agito e discusso solo in contrasto all'avversario, spesso nemico, cioè Berlusconi (salvo poi non fare nulla per risolvere i conflitti d'interesse che stanno all'origine di quel male verso il quale tanto si è alzata la voce).
Ovviamente l'avversario diventa nemico in prossimità delle elezioni e conoscendo la mediocre durata media dei governi in Italia e l'instabilità politica, è prevedibile essere d'accordo con Ventrone il quale spiega come dalla nascita della Repubblica italiana la politica sia rimasta congelata in un perenne clima di campagna elettorale.

Ecco perché i caratteri della propaganda tendono a ripetersi, la storia sembra fermarsi. Così ancora alle elezioni politiche del 2006 Berlusconi parlava di pericolo comunista che campeggiava alle spalle di Prodi come un vampiro pronto a mordere; mentre la Sinistra ha dipinto Berlusconi come un nuovo duce che ha preso in parte il posto di Craxi, celebri le rappresentazioni vignettistiche di Forattini che raffigurava il leader socialista con gli stivali tipici dei gerarchi fascisti, avvicinandosi all'idea che aveva il PCI dello stesso leader.
Berlusconi è certamente il maestro della comunicazione potendo contare anche sulla conoscenza, nonché proprietà, delle televisioni, strumento che i vecchi partiti poco hanno sfruttato rispetto all'enorme potere mediatico di cui è portatore, e non solo grazie ai telegiornali ma esprimendo un modello di società all'interno dell'intera programmazione giornaliera.
La televisione brucia notizie, corre veloce e Berlusconi intento come ogni politico a fare propaganda, affina questa strategia rincorrendo la fugacità del pensiero e delle dichiarazioni sul mezzo televisivo. Non si tratta di una novità ma solo di una velocizzazione dell'incoerenza a cui porta la propaganda in quel “Secolo Breve” che si protrae fino ad oggi con tutte le idee, le correnti di pensiero e le sue manifestazioni. Nel pentolone della propaganda del Secolo Breve c'è tutto e il contrario di tutto.

Cambiano i mezzi di comunicazione, si modificano, ma l'obbiettivo è sempre lo stesso, semplificare il contesto, gli eventi, i personaggi che ne fanno parte, per compattare l'opinione pubblica intorno alle proprie idee e di conseguenza ottenere il massimo consenso, l'individuazione di un nemico interno o esterno è quanto di più utile alla causa: il tedesco della prima guerra mondiale è il barbaro, ancora più selvaggio dei selvaggi, un tecno-barbaro, che unisce il male alla modernità, all'organizzazione della società moderna, che usa la scienza per accrescere la propria potenza malvagia e non per un progresso positivo dell'umanità, il singolo individuo esiste solo come elemento della macchina collettiva, della società.

La coerenza non è importante, la parola raziocinante cui accenna Ventrone non fa parte dei manifesti politici. Il nemico in quest'ottica può diventare chiunque, l'importante è che risulti individuabile ma che, si faccia attenzione, non significa necessariamente sia reale.
Il target della propaganda è, se vogliamo metterla da una prospettiva di marketing, il popolo formato certamente da una parte di persone che leggono tanti giornali, approfondiscono temi, ma che in maggioranza segue solo quell'informazione semplificata che le elites politiche ed economiche offrono e che un buon sistema dell'informazione dovrebbe cercare di scalfire.

Tornando alla nozione di Secolo Breve a cui Ventrone fa riferimento e su cui fonda le sue tesi si può costruire uno schema ridondante che ispira tutta la propaganda fino da oggi e probabilmente finché esisterà la politica.
S'individuano quindi alcuni pilastri di questo schema comunicativo: la demonizzazione dell’avversario politico e delle forme di dissenso interno, la delegittimazione a governare dell’oppositore, burattino del nemico esterno (ad esempio la DC schiava degli USA per la sinistra italiana e i comunisti schiavi dell'URSS per il centro-destra), il legame tra violenza e politica (eredità soprattutto fascista), l'uso metaforico del linguaggio medico-epidemiologico (malattia, infezione e contagio, categorie per inquadrare la diversità ideologica), che si traduce nella definizione mostruosa dei tratti somatici dell'avversario, per il quale non ci può essere nessuna integrazione all'interno della stessa società: le diversità “bio-politiche” non possono coesistere, si devono estirpare.

Tutto ciò porta alla sovrapposizione del metodo e dei contenuti in ogni forma di propaganda, ciò che cambiano sono i nemici, di volta in volta. Come mette in luce Ventrone in Italia il fenomeno è limpido. Il fascismo ha infatti cementato nella cultura italiana un modo di catalogare, pensare e ridurre la realtà che è rimasto come eredità difficile da eliminare, a ciò si aggiunge lo scarso ricambio della classe dirigente che ha dato una mano al protrarsi di questo schema propagandistico-conservativo.

Il risultato è che ad esempio tutto il mondo politico cattolico a partire dal secondo dopoguerra (anni 40'e 50') ripropone gli stessi caratteri della propaganda anti-tedesca della prima guerra mondiale e di quella anti-sovietica e anti-statunitense dell'RSI: l'uguaglianza forzata che non tiene conto dell'unicità di ogni individuo, la delegittimazione dell’avversario al servizio del nemico esterno (l’URSS attraverso il Cominform), il materialismo imperante, il popolo come massa informe e omologata ed infine le molteplici accuse di violenza fisica e abusi nei confronti dei bambini e delle donne che rendono lampante l'inferiorità morale dei comunisti.
A loro volta i socialisti e i comunisti riadattano alla polemica anti-democristiana e anti-capitalistica gli stereotipi ereditati dal modello anti-tedesco della prima guerra mondiale: l’avversario politico come portatore della guerra e della distruzione dotato di una furia fredda, calcolatrice e sanguinaria che si riversa sui deboli, gli ultimi, i poveri; ritorna l'immagine del banchiere obeso, della nuova borghesia assetata di ricchezze ma che differisce dal passato in quanto ora è anche serva degli USA attraverso il Piano Marshall.

“Noi non siamo come loro”. Il sottotitolo sopracitato ora appare chiaro in tutta la sua liquidità, teatralità, infatti se ogni schieramento politico usa lo stesso schema ideologico per distruggere l'avversario significa che o sono tutti in errore o hanno tutti ragione: altrimenti com'è possibile che ideologie così lontane portino a manifesti così simili?
Fortunatamente non dovendo costruire slogan possiamo riflettere con la calma dovuta immergendoci nella complessità della realtà con la fiducia che la semplificazione è utile allo studio, alla teoria, ma con la consapevolezza che è controproducente se diventa uno strumento di consenso incontrollato, cioè se l'informazione non ha più la forza per svolgere “un ruolo di cane da guardia” del potere politico ed economico.
Perciò dal momento che di propaganda si tratta l'unica cosa che si può fare è cercare di estrapolare, ove possibile, quei pochi dati reali che vengono mischiati alle falsità, alle invenzioni, cercando dunque di non adottare lo schema interpretativo del nemico interno di cui Ventrone ha tracciato le fondamenta, cioè quello di una riduzione della realtà a campo di battaglia nel quale si distinguono di volta in volta i nemici portatori delle loro ideologie nefaste, dei loro crimini a cui si legano precise immagini iconografiche.

Nessun commento: