13 novembre 2008

Università, ricerca e comunicazione

Volendo tralasciare l'aspetto fondamentale dei fondi ridotti che le università e altri enti pubblici ricevono per effettuare ricerche scientifiche, un altro problema è sicuramente quello della scarsa conoscenza dei metodi di comunicazione scientifica.

Così se all'estero esistono corsi obbligatori in quasi tutte le facoltà per i dottorandi che si apprestano ad esempio a stilare una tesi, in Italia ciò è riservato spesso alle sole facoltà di Scienze della Comunicazione; ciò significa che le tematiche scientifiche-tecniche rischiano di rimanere fuori dalla divulgazione scientifica di alto livello, portando ad esempio a un declassamento nelle graduatorie mondiali delle università italiane poiché ci saranno meno pubblicazioni e di minore qualità, quindi minori citazioni e rimandi, oltre alla scarsa gratificazione del ricercatore che non sa come rendere al meglio in forma scritta il proprio lavoro, con quell'efficacia, velocità ed efficienza comunicativa che si richiederebbe per ogni pubblicazione.

Non si tratta di cercare il pelo nell'uovo nel sistema della ricerca italiano ma bensì di comprendere a fondo i punti critici. Per chi pensa ad esempio che questo non sia un tema rilevante ricordo ad esempio gli innumerevoli errori che ha fatto il “longevo” governo Prodi 2006-2008 nell'ambito della comunicazione politica: la maggioranza era formata da decine di partiti, ognuno dei quali tendeva a distinguersi, cosicché nel melting pot generale se qualcosa di positivo era stato fatto alla gente ciò che arrivava non era un quadro chiaro delle soluzioni attuate ma bensì tante opinioni riguardo al tema di cui trattavano i provvedimenti.

Nella ricerca scientifica universitaria coloro che studiano e ricercano giungono poi a pubblicazioni ristrette (qualitativamente o a livello divulgativo, e se ci giungono) e alla fine succederà che quei risultati così come coloro che li hanno raggiunti non emergeranno mai.
La comunicazione scientifica non può considerarsi secondaria, bisogna valutarla prima, anche nei costi e non pensare che prima bisogna arrivare a un risultato e poi renderlo noto, soprattutto quando nelle università mancano i soldi, se l'obbiettivo è costretto a imprigionarsi all'interno del proprio orto tanto vale non ricercare.
La comunicazione scientifica e la sua divulgazione sono un elemento chiave della meritocrazia, non si può ignorare a lungo qualcuno che prende le luci della ribalta per un risultato raggiunto ed efficacemente comunicato.

Inoltre ogni informazione ben comunicata e diffusa, soprattutto in ambito scientifico, porta a un circolo virtuoso (come quello illustrato nella figura ad inizio articolo) per il quale qualcuno potrà riprendere ciò che è stato pubblicato, utilizzarlo, modificarlo, approfondirlo per approdare a nuove mete ontologiche.

Con le iniziative della finanziaria estiva 2008 di Tremonti andiamo verso i tagli all'università per spingere le stesse università a razionalizzare le spese, forse se l'efficenza e il merito fossero le chiavi del nostro sistema un provvedimento di questo tipo funzionerebbe, ma la realtà media italiana come sappiamo è ben diversa, per cui se non si discute di argomenti quali ricerca, stipendi, borse di studio, collegamento con le imprese, riduzione delle sedi universitarie, comunicazione scientifica, affitti per gli studenti, possiamo in tutta onestà prevedere che quei tagli non porteranno altro che ad un ulteriore impoverimento delle università, che a detta di tutti dovrebbero essere il primo luogo dove si costruisce il futuro di un paese.

Concludo con una segnalazione per studenti, dottorandi, borsisti, ricercatori: un breve e interessante testo del 2008 di M.Flora Mangano dal titolo Manuale di comunicazione della ricerca scientifica che potete leggere anche su Google Books.


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