10 ottobre 2010

Casapound in ricordo di Che Guevara

L'associazione Casapound, nella sezione locale di Reggio Emilia, ha intrapreso un'interessante iniziativa per ricordare Che Guevara. Sì, esatto, anche a destra lo ricordano. Più che altro è utile, spero, per riflettere, non tanto per fare le solite polemiche su fascismi, nazismi, dittature socialiste, neo-socialiste, popolari (dove il popolo non si sa dove sia), sempre di dittature si parla, la nostalgia è di chi non vuole prendersi sulle spalle il futuro. Per cui è forse importante riflettere a un livello più alto, visto che noi possiamo farlo, possiamo perlomeno avvicinarci a quello che è il senso della storia.

Il problema è infatti che se la lotta per gli ideali è delegata a poche persone, a una grande figura come Che Guevara per esempio, rimane ben poco nel senso comune, nella quotidianità, degli stessi ideali. Bisognerebbe chiedere ai cubani cos'è il marxismo e il comunismo, cosa vuol dire elemosinare un permesso al governo per uscire dal proprio comune dove ti è stato detto di vivere, non poter mangiare il pesce, perché si sa, il pesce è prelibatezza per turisti; non poter pensare a un lavoro, a un'idea che non sia ciò che un governo ti ha imposto; si raziona il cibo, si razionano le emozioni, perché la rabbia e la voglia di libertà non spingano a fare gesti inconsulti contro il potere. Se fosse vivo Che Guevara combatterebbe ancora a Cuba, in Cina, in Tibet, dove per diventare monaco buddista devi chiedere a Pechino, nelle Filippine, in Cecenia, nella Corea del Nord, in Sudan, in Afghanistan per cacciare prima gli americani e la Nato, poi di nuovo in lotta con i talebani, i cinesi, i russi, i mafiosi. Una lotta contro la Povertà e per la libertà, una lotta che morirà con il mondo, intrinseca alla natura dell'uomo. Senza parlare dei cosiddetti "low intensity conflicts" chiamati così perché non fanno troppe vittime in un anno.

C'è chi partecipa alla lotta, in prima persona, ci mette tutto se stesso, fino in fondo, perché è costretto o perché l'ha scelto come Che Guevara appunto, anche nella nostra piccola Italia erano e sono in tanti, potrei dire Peppino Impastato, tanti magistrati, giornalisti, politici, nelle menti e nei cuori dei quali non aleggiano parole come destra e sinistra, ma speranze come "Non voglio che i nostri figli vivano tutto quello che abbiamo vissuto noi, non voglio che vedano ciò che abbiamo visto noi, voglio che siano felici, tranquilli, liberi di pensare e di vivere, di scegliersi una vita e provare a costruirla."
Ma c'è chi non vuole lottare e non ne ha bisogno, perché ignora, non vede, non conosce, o finge di non vedere, perché ha i suoi motivi, quel po' che si è guadagnato non vuole lasciarlo, non vuole perdere gli affetti, metterli a rischio, perdere le proprie convinzioni, la propria visione del mondo, la casa, la macchina, il televisore 4D, l'azienda, la parola, la stessa libertà di parola e in ultima istanza la vita.

Chiudo con un ricordo ai 4 soldati italiani morti e a tutti i bambini altrettanto freddati durante la lettura di questo breve testo, scritto di getto: considerando che muore di fame un bambino ogni 5 secondi, quanti ne sono morti allora? Rispondi velocemente perché altrimenti devi rivedere il conteggio più e più volte.

1 commento:

Unknown ha detto...

Mi fa rabbia sentire persone di destra disprezzare persone come il Comandante Guevara solamente perchè diventato simbolo del comunismo o di regimi totalitari.
Al Che della politica non gli interessava molto, la dimostrazione sta nel fatto che, vinta la rivoluzione di Cuba, invece di starsene comodo dietro alla scrivania di ministro dell'agricoltura, decise di combattere per i suoi ideali in Bolivia, la libertà e i diritti delle persone contavano per lui più della sua vita e della sua famiglia.
E' vero che Ernesto non sarebbe felice o fiero della Cuba degli ultimi 40 anni, ma è anche vero che nessun Cubano è lasciato morire di fame o senza assistenza mediche adeguate (vedi la libertà Americana) o senza una tetto dove dormire.
"Viviamo nel migliore dei mondi possibili". Leibniz forse aveva ragione.