29 ottobre 2005

Le segrete della selva nera

Si camminava a fatica nella fanghiglia e il buio era opprimente, la fitta vegetazione incombeva su tutto e su tutti; era appena scesa la sera sopra quella macchia boscosa, tutti sapevano che sarebbe stata l'ennesima notte insonne di angoscia, follia e morte.
Qua e là la terra si apriva in crateri di qualche metro, l'olfatto ormai abituato, poteva distinguere i diversi odori di bruciato che provenivano a volte dagli alberi e dagli arbusti andati a fuoco nelle esplosioni e negli scontri, a volte dalla carne umana abbandonata degli uomini caduti in quella parte di mondo; quando quella carne cuoceva, trasudava, si gonfiava e si accartocciava la coscienza dei suoi possessori non si spegneva sempre precocemente, così lamenti e urla graffianti si aggiravano per la foresta, fino al sollievo della morte, solo il nemico avrebbe potuto alleviare quelle terribili sofferenze, sparandogli magari un colpo in testa, di certo non i compagni che non sarebbero più tornati indietro per aiutare qualche ferito rimasto alle spalle. In quelle situazioni era inevitabile scegliere il sacrificio di un uomo per la salvezza degli altri.
Si fermarono momentaneamente. C'era un piccolo spiazzo aperto dove la vegetazione era meno fitta, ognuno scrutava e controllava la sua zona, si misero poi a raccolta, ancora in piedi discutevano, volevano prendere tutte le precauzioni perché le soste erano i momenti in cui si abbassava maggiormente la guardia e diminuiva perciò la sicurezza. Si udiva il solo suono del frusciare delle foglie mosse dal vento. Improvvisamente a far vibrare i timpani delle orecchie come un terremoto ci pensò un botto, poi il secondo, qualcuno era riuscito a prendere la mira e a colpire uno di loro, un paio di colpi, forse di un fucile di precisione.
Uno schizzo di sangue finì proprio in bocca a Guy, non era il suo, il sapore un po' salato, ferroso, un altro nell'occhio sinistro, bruciava. L'ansia e la confusione avevano preso il sopravvento sul gruppo, ognuno si guardava intorno, non era possibile capire da dove erano stati sparati i proiettili, solo oscurità, ma dovevano ristabilirsi, la calma era fondamentale, erano stati addestrati a mantenerla in ogni situazione, anche se ciò che avveniva in quel buco nero dell'umanità superava di gran lunga in ogni suo elemento qualsiasi tipo di preparazione militare, nemmeno l'immaginazione e l'abilità artistica del miglior regista e scrittore sarebbe stata all'altezza nel rendere la tragedia, la crudeltà, l'inumanità che aleggiavano; si viveva giorno per giorno, notte per notte, con un inquietante presentimento di una morte girovaga che avrebbe potuto raggiungere chiunque e dovunque in qualsiasi momento, nessuno poteva dirsi sicuro.
Finalmente la ragione tornò ad avere il suo primato, per quanto possibile, le emozioni uccidevano, la ragione invece poteva evitare o almeno ritardare la fatale caduta. Si piegarono a terra evitando qualsiasi rumore e cercando di capire chi era stato ferito, Guy urlò: “Teddy! Teddy! Ti hanno sparato! Figli di puttana! Dove cazzo siete, vi taglierò la gola uno ad uno!” Un altro soldato si avventò su Guy cercando di tappargli la bocca.
I muscoli del volto di Teddy erano tirati allo stremo, i suoi occhi spalancati, si poteva scorgere nella crudezza di quell'immagine la paura della morte. Un colpo aveva attraversato la parte sinistra del collo penetrando da dietro, il sangue usciva copiosamente, anche dalla bocca, il respiro era sempre più debole, in pochi istanti avrebbe lasciato la vita, sarebbe stato buttato nel mare in tempesta il sogno di ritornare a casa dalla sua amata, dal figlio che sarebbe nato un paio di mesi dopo.
Era finito in quell'inferno non per qualche ideale patriottico, non per diventare un eroe o ricevere chissà quale lustrino o medaglia, molto più modestamente era lì perché il suo sussidio di disoccupazione e i lavoretti saltuari che faceva non potevano permettergli di metter su la famiglia che aveva sempre desiderato. Quel desiderio stava diventando chimera finché non si sarebbe inabissato insieme al suo corpo senza vita.

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