04 ottobre 2011

Welcome home (pt.7)

"Non ho più voglia di stare qui. Usciamo da questo hotel, non stiamo al chiuso. Prendiamo l'autostrada e andiamo verso Milano, a quest'ora non dovrebbe esserci nessuno per le strade."
"Non ci capisco più nulla...cosa andiamo a fare a Milano alle tre e un quarto di notte?"
"Non fare domande inutili Stefano."
In effetti Stefano aveva capito la situazione e aspettava con trepidazione che evolvesse come sperava.
"Tira giù la capotte che prendiamo un po' di aria, con questo caldo non si respira nemmeno la notte."
Stefano spingeva sull'acceleratore della sua SLK, le strade erano deserte. Dopo pochi minuti stavano già percorrendo la A4 ad una velocità di circa 170 chilometri orari, chi se ne frega del tutor, dirò che alla guida c'era mia nonno in carriola rifletteva Stefano.
"Rallenta un po' Stefano!" E mentre lo diceva si stava tirando su la gonna "E fermati alla prima piazzola di sosta" che si presentò dopo poche centinaia di metri.
Dopo aver slacciato i pantaloni di Stefano salì su di lui. Entrambi nel posto del guidatore. Stefano tirò indietro il sedile per fare più spazio. 
Nello insolito silenzio dell'autostrada spuntò dal nulla un'auto. La polizia stradale! 
Si girarono entrambi per guardare quello che accadeva. Stava arrivando un auto suonando il clacson all'impazzata.

"Stefano, svegliati..."  il clacson che sentiva era della Peugeot di Bobbie Roberto.
"Ancora?! E' già la seconda volta che sogno la docente di Analisi 1 e non si arriva mai a quagliare!"
"Beh, mi sembra il minimo, ti lamenti del fatto che a Roma ci sono tante straniere che vogliono solo assaggiare la virilità italiana. E' la legge del contrappasso. Certo nel tuo caso scommettere sulla virilità è un po' un azzardo..."
"Ma va! Tu parli parli ma vorrei andare a fare qualche sondaggio tra le tue donne e sentire cos'hanno da dire sul tuo conto."
L'auto si fermò tra lo stridere dei freni.
"Ben tornato a casa", annunciò Roberto.
Stefano scese dalla macchina.
I nanetti in giardino erano gli stessi di sempre, un po' scoloriti ma con le stesse espressioni assurde. Erano stati fatti da uno scultore locale che però per quanto ne capiva di arte Stefano era andato ben lontano da una buona realizzazione. Erano addirittura otto i nani, l'ottavo era lo stesso artista che si fece una sorta di autoritratto scultoreo. Grazie a dio non ultimò mai Biancaneve perché diceva di non riuscire a farle il volto, il giardino aveva mantenuto almeno in parte un'immagine sobria.
Sì aprì improvvisamente la porta d'ingresso, non aveva ancora suonato il campanello. La madre si catapultò fuori.
"Stefano! Sei arrivato! Come stai? Com'è andata? Quanto hai preso?" un fiume in piena, lo abbracciò e lo baciò sulla fronte. Era emozionatissima.
"Ciao mamma, una domanda alla volta...E' andata benissimo comunque! 110 e lode!"
"Bravo! Bravo! Bravo..." non riuscendo a dire altro e trattenendo a stento le lacrime, "non sai quanto è difficile andare avanti. Il lavoro, la pensione, papà che è a casa da quasi 2 anni e non arrivano richieste di preventivo. Per fortuna abbiamo risparmiato tanto negli anni."
"Lo so, lo so, io mi sto impegnando proprio per questo. Lavoro duro e vado avanti. qualcosa mi tornerà indietro. Questo mi avete insegnato e io ci credo ancora."
"Guardando i telegiornali non c'è molto da stare allegri. Hai visto? E se non trovi lavoro?"
Cazzo Stefano pensava, invece di incoraggiarmi mia madre fa a pezzi le mie speranze, è proprio un periodo di merda.
"Ti ho sempre detto che non devi guardare i telegiornali; per fortuna che la realtà non è fatta solo da tutte quelle schifezze con cui ci riempono quotidianamente. Papà dov'è?"
"Deve ancora tornare, è andato a fare un giro in bici. Vuoi qualcosa da mangiare?"
"No, vado via subito, festeggiamo a Po la mia laurea. Vado a lavarmi. Dove sono gli asciugamani, shampo ecc..?"
"Sempre al solito posto, non è cambiato nulla. Non cambia mai nulla, noi ci siamo sempre per te quando hai bisogno, anche se non ce la passiamo bene."
"Lo so mamma...la macchina che vedi fuori è di Roberto. Mi sta aspettando."
"Beh, scusa fallo entrare no? Cosa sta a fare in mezzo alla strada?"
Andò a chiamarlo e lo invitò in casa raccomandandosi di non dire troppe cavolate ma soprattutto di non svelare il programma della serata che in fondo non prevedeva altro che una "sana devastazione", definizione data ad alcune serate che si dovevano necessariamente sostenere con gli amici nel corso dell'anno, come una medicina da prendere con grande moderazione ma di cui non era ammesso farne a meno.

La serata avanzava nel suo abito scuro sospingendo via un tramonto sempre più tenue e sfumato; Stefano era pronto ad abbracciarla, anche se non aveva alcuna idea di quali sorprese gli stava per riservare.

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