03 novembre 2011

Welcome home (pt.13)

"Pronto. Chi c'è di là? Sei tu Andrea? Devi andare via da lì, non sono arrivate belle notizie, non posso parlare al telefono, vai via!" E riattaccò. Stefano non fece in tempo a dire alcuna parola. Quell'Andrea probabilmente era già fuggito prima che lo avvisassero, la telefonata aveva un senso visto tutto quello che era successo.
Tirò fuori di nuovo il suo cellulare dalla tasca, in tutto il crescendo di situazioni assurde non aveva nemmeno provato ad usarlo. Non si accendeva, in effetti durante tutta la giornata il telefono aveva lanciato i suoi allarmi di batteria scarica e a quanto pare non aveva resistito. Inutile, vaffanculo! Resta un punto fermo. Devo scappare e arrivare fino in centro per raggiungere i carabinieri o qualunque altra forma umana che possa aiutarmi.
Spense le candele e aprì la porta da cui era entrato con molta cautela. Non si vedeva e sentiva granché. L'orologio al polso segnava le 3 e 7.
Ricordati che alle superiori eri il più veloce della classe Stefano, è arrivato il momento di battere il record personale.
Ispezionò il cortile frontale della casa. Nessun movimento.
Vai Usain Bolt, corri, fatti gazzella!
E tornò sul vialone correndo a grandi falcate. Nella foga della corsa provava a dare occhiate a destra e sinistra ma non riusciva a mettere a fuoco nulla. Ogni albero sembrava una creatura infernale. Intanto rifletteva su tutto ciò che era accaduto.
Ma cosa potrebbe essere? Un orso? Un orso che si fa una passeggiata nella bassa reggiana? Un alieno? Ma porca puttana dove sono finito! E se mi stesse seguendo?
Aumentò l'andatura. Avessi saputo che sarebbe successo tutto questo me ne sarei rimasto a Roma, o addirittura sarei scappato subito all'estero. Ma che cazzo è quella cosa?
Continuava un passo dietro l'altro accompagnato dalla paura. Vedeva ormai la fine del viale. Una macchina svoltò puntando gli abbaglianti nella sua direzione. Stefano si fermò e coprì gli occhi per non essere accecato. L'auto si avvicinò sotandogli a pochi passi.
"Sei tu Stefano? Che cazzo stai facendo? Sei fuori? Perché stai correndo?"
Con quel po' di fiato che gli era rimasto: "Roberto! Sei tu! Dobbiamo chiamare i carabinieri! E' successo un casino? Sono morti tutti! Ma tu dov'eri finito?"
"Stai calmo, io ero andato a trovare Paola che aveva la casa libera. Sali su in macchina e andiamo a fare un giro al tundra."
"No, io non ci torno al Tundra, andiamo prima a chiamare qualcuno."
"Va bene, allora andiamo in piazza dai carabinieri. Ma tu calmati..."
"Porca puttana, se avessi visto ciò che ho visto io non saresti calmo. Non hai idea del massacro che c'è al Tundra, non so chi sia stato ma forse sono stato a pochi centimetri da lui, dal massacratore." Roberto fece manovra con l'auto, uscì dal vialone, immettendosi nella strada che scendeva dall'argine e che portava al centro del paese poco distante. Parcheggiò l'auto in piazza.
"Dovrebbe esserci sempre qualcuno alla stazione dei carabinieri."
"Ma questo è il comune." fece notare Stefano.
"Sì, hanno spostato temporaneamente gli uffici perché la sede abituale è in ristrutturazione. Così hanno adibito alcune stanze per il lavoro dei carabinieri."
Suonarono il campanello: "sì?"
"Abbiamo bisogno di aiuto! Sono morte persone!"
"Ok, ok, tranquilli, venite dentro, in fondo al corridoio, stanza a sinistra."
Le stanze del comune in versione notturna avevano la stessa atmosfera dei musei aperti la notte, con la differenza che non c'erano turisti e il silenzio rendeva tutto più angosciante. Un carabiniere stava prendendo un caffè alla macchina automatica. Indicò ai ragazzi la stanza dove avrebbero dovuto accomodarsi.
L'ufficiale se ne stava seduto stravaccato con i piedi sulla sua scrivania, in posa holliwoodiana. "Qual è il problema ragazzi?" fumando una sigaretta e cercando di fare cerchi con il fumo.
Stefano sparò subito parole a raffica.
"Sono morte tantissime persone al Tundra, dovete mandare qualcuno; c'è qualche pazzo o animale che va in giro a massacrare e mangiare..." e venne interrotto.
"Calma, calma, che sarà mai. Muoiono persone tutti i giorni, adesso mi racconta tutto, non abbiamo fretta. Sono solo le 3 e 20 e nessuno a quest'ora ci disturba."
"Deve mandare qualcuno a Po."
"Non alzi la voce che ho un gran mal di testa, e soprattutto non si preoccupi. Grazie per le indicazioni ma so già cosa bisogna fare in queste situazioni, sono un professionista. Ho avvisato una pattuglia perché mi sono arrivate altre segnalazioni, ormai dovrebbero essere arrivati sul posto. Per cui torniamo a noi, a quello che mi dovete raccontare. Anzitutto lei chi è?"
Stefano innervosito dall'atteggiamento ma un po' intimidito dalla divisa cercò di rispondere garbatamente. L'appuntato nel frattempo si alzò in piedi. Era un uomo alto con un paio di baffi in bella evidenza e capelli leccati all'indietro. Lo sguardo era tra lo stanco e il seccato.
"Vuole qualcosa da bere?" E tirò fuori da un armadietto una bottiglia di Jack Daniels e un paio di bicchieri.
"Da bere?"
"Sì, ogni tanto un goccio di Whisky e una sigaretta me li devo fare. Mi schiarisce le idee. Ne avrebbe bisogno anche lei. Allora non ne vuole?"
"No, non voglio nulla, grazie."
Ma che forze dell'ordine sono queste? Pensò Stefano girandosi verso Roberto con sguardo interrogativo.
"Lei mi sta simpatico caro Stefano. Ce l'ha un lavoro?"
"No, ancora no, mi sono laureato oggi."
"Oggi? Veramente? Congratulazioni! Al suo futuro allora." E deglutì tutto il whisky che si era versato nel bicchiere espirando rumorosamente con soddisfazione.
"Mi scusi ma la fuori qualcuno che ha fatto una strage si aggira per il paese, forse sarebbe meglio se mi ascoltasse."
"Stia calmo Stefano," e gli sbuffò uno boccata di fumo in faccia "tutto è importante, devo capire chi è lei. Per quanto ne so io potrebbe essere stato lei ad uccidere quelle persone, ammesso che non sia venuto qui solo per farsi un giro e prendermi per i fondelli."
Stefano era incredulo. Dove sono capitato!
"E lei Roberto non ha nulla da dire?"
"Io non ho visto nulla, non ero con lui."
"Allora si accomodi fuori. Prego." e gli indicò la porta. Roberto con aria sorpresa si sedette fuori, in corridoio.
Stefano era sempre più preoccupato dall'atteggiamento che aveva quell'ufficiale.
"Bene, bene, torniamo a noi. Cosa guarda? Il poster di Alena Seredova? Le piace vero? Per fortuna che c'è quel poster in questo misero ufficio. Dovevo fare carriera nei servizi segreti e invece mi hanno sbattuto in questo paesino di merda dimenticato da Dio a dirigere un manipolo di carabinieri terroni e ignoranti. Tutto per una discussione con il mio superiore."
Stefano rimase in silenzio. I pazzi vanno assecondati altrimenti le conseguenze sono imprevedibili.
Squillò il telefono. "Mi scusi un attimo, forse arrivano aggiornamenti dal Tundra..."
"Salve, qui la situazione..."

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