06 novembre 2011

Welcome home (pt.14)

"...la situazione..." e la linea cadde.
"Paolo, Paolo!" l'ufficiale sbuffò. "Così non va. E' caduta la linea. Devo andare a vedere cos'è successo. Finisce sempre così. Incompetenti. Devo risolvere sempre tutto io. Rimanga qui con il suo amico, se vuole riposarsi di là c'è una piccola stanza con due letti, io le consiglio di bere un goccio di Jack comunque. Rimarrà con voi il mio collega."
Indossò il cappotto e sgusciò dalla stanza comunicando il piano a Francesco, il collega carabiniere. Uscì dal comune chiudendo il portone principale.

"Cos'è successo Stefano?" chiese Roberto. "Niente, ha chiamato la volante che dovrebbe essere andata al Tundra; ha detto qualcosa ma è caduta subito la linea così è andato a vedere di persona. Stiamo raggiungendo un livello di assurdità, mi sto cagando addosso e non ci capisco più nulla."
"Forse è meglio che vai di là a riposarti un attimo, io sto qui in corridoio."
Vennero interrotti dal carabiniere Francesco: "Ragazzi io mi fumo una sigaretta fuori perché a differenza dell'appuntato non posso farlo qui dentro. 5 minuti e rientro, anche io ho bisogno di rilassarmi."
E uscì chiudendo il portone.

"Bene Stefano, ora che siamo rimasti soli potremmo darci agli atti vandalici!"
"Ma vai a cagare Roberto. Io vado a stendermi 10 minuti di là, sono esausto; non ce la faccio più."
"Vai, vai pure." Stefano lasciò Roberto seduto su una sedia in corridoio.
La camera da letto improvvisata era un piccolo stanzino in cui su due lati opposti c'erano altrettanti letti e sulla parete di fronte alla porta un armadietto da ufficio in metallo. Nessuna finestra. Claustrofobia portami via. Terrò la porta aperta. Dopo essersi steso passò poco meno di due minuti prima che si addormentasse.
Dopo una ventina di minuti prima Roberto entrò irrompendo nella stanza come un tarantolato.
"Stefano! Stefano!"
"Porca troia...cosa c'è?"
"Mi ero dimenticato! La telecamera che avevi montato ha registrato tutto! Sta ancora registrando! Possiamo capire cosa..." Saltò la luce in comune. Stavolta non c'erano luci di emergenza, il buio aveva conquistato ogni angolo.
"Vaffanculo, vaffanculo!" Stefano iniziò ad imprecare.
"Cerchiamo di stare calmi Stefano. Mi vedi? Uso la luce del cellulare. Vienimi vicino e proviamo ad uscire da qui."
"Sì, proviamo. Ho tenuto la torcia nel borsello. Eccola qui" e l'accese. "Ma Francesco? Il carabiniere è rientrato?"
"No, non l'ho sentito. Proviamo andare verso il portone all'ingresso." E s'incamminarono notando di quanto fosse diverso il comune illuminato da una torcia e un cellulare. Il soffitto alto dava l'impressione di camminare in mezzo al nulla. Sentirono alcuni colpi alla porta. Forse era il carabiniere, quando arrivarono in prossimità del portone si resero conto che era proprio lui che stava tentando di chiamarli.
Gli risposero: "Siamo dentro, come si fa ad uscire? Non si apre!"
"E non si riesce nemmeno ad entrare... Non mi dite che è andata via la corrente?"
"Sì" rispose Roberto.
"E ti pareva. Il portone si apre solo se c'è l'elettricità e il comune non ha nemmeno un impianto ausiliario di energia per i casi di emergenza. Io vado a vedere se riesco a ripristinare la corrente dalla centrale del palazzo. Per uscire voi dovete andare in fondo al corridoio, prendete le scale e fate il percorso inverso al primo piano dopodichè girate a sinistra per andare nell'altra parte del palazzo, c'è un altro corridoio lungo e alla fine di nuovo le scale. Le prendete e tornate al piano terra, sulla vostra destra troverete il portone che si affaccia sul teatro. E' più difficile a dirlo che farlo. Ci vediamo più tardi. Riuscite a vederci un minimo là dentro?"
"Sì abbiamo una torcia."
"Meglio così. Non spaventatevi, è successo tante volte, e non fate caso a tutti gli scricchiolii, è un palazzo vecchio, è normale."
"Va bene, allora proviamo ad uscire dall'altra parte." confermò Roberto. Stefano ormai non aveva più nemmeno la forza di parlare, e soprattutto non sapeva cosa dire. La storia aveva varcato tutti i confini della sua ragione.
Il carabiniere si allontanò salutando. In lontananza poterono udire il rombo di un'auto avvicinarsi e con lei lo stereo a bordo che sparava una canzone francese, sempre più vicina.

Allez, venez, Milord Vous
asseoir à ma table
Il fait si froid, dehors
Ici c'est confortable

 "E' Edith Piaf, non ricordo come si chiama la canzone. Forse Milord."
"Che cultura Stefano, t'invidio. Per caso non ti è sembrato di sentire anche quello strano verso?"
"No, sarà stato il motore dell'auto..." Stefano mentì "Andiamo via."
Fecero dietro front e si diressero in fondo al corridoio. Continuavano a sentire la canzone, ora a volume costante, segno che la macchina si era fermata, probabilmente di fronte al comune.

Allez, venez, Milord
Vous asseoir à ma table
Il fait si froid, dehors
Ici c'est confortable

E iniziarono a far caso agli scricchiolii, i soliti, aveva detto Francesco. Poi un tonfo e poi di nuovo scricchiolii. La sequenza non avrebbe dovuto prevedere tonfi. Un verso. Da dove proveniva?

Allez, venez, Milord
Vous avez l'air d'un môme
Laissez-vous faire, Milord
Venez dans mon royaume

Venite nel mio regno Milord!

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