11 novembre 2011

Welcome home (pt.15)

Un brivido di paura accorciò il respiro di entrambi. Non c'era tempo da perdere, bisognava uscire da lì. E se quella cosa fosse riuscita ad entrare per giocare al gatto con il topo? Accelerarono il passo.
"Sono sempre troppo lunghi i corridoi!" disse trafelato Stefano.
"Altrimenti non si chiamerebbero corridoi..." rispose Roberto.
"Non vedo il nesso."
"Ma sì, corridoi, bisogna correre per arrivarci in fondo."
"Fai parte dell'Accademia della Crusca? Aumenta il passo piuttosto."
E giunsero finalmente alla scala che portava al piano superiore attraverso il quale avrebbero poi potuto raggiungere l'altra ala del palazzo per poi uscire dal comune. Si trattava di una scala molto grande a chiocciola, a gradini larghi in legno, da palazzo signorile.
Giunti al primo piano cercarono di capire da che parte andare:
"Considerando che dobbiamo andare dalla parte opposta, dobbiamo prendere la sinistra. Quindi di là." Stefano indicò la direzione.
"Ti sbagli Stefano la direzione opposta è a destra, siamo venuti dall'altra parte per cui dobbiamo andare di là."
Stefano aveva un gran mal di testa per cui non tentò nemmeno di obiettare, si affidò alla sicurezza con cui aveva esposto la sua opinione Bob.
"Non fare troppo rumore con i piedi, voglio sentire tutto quello che si muove intorno."
"Ma dai Stefano, sono scricchiolii dovuti all'età di questo palazzo."
"Ssss..."
Si susseguivano uffici, stanze vuote, ripostigli, alcune porte erano aperte altre chiuse. L'aria tra antico e moderno che si respirava di giorno era unica, speciale, ma in quel buio tutto era diventato sfumato, indistinguibile, un po' macabro, soprattutto per via dei dipinti seicenteschi che Roberto e Stefano potevano vedere solo a piccole porzioni con la torcia.
Altri scricchiolii.
Non si riusciva a vedere la fine del corridoio. Più che un comune sembrava un vecchio manicomio ormai chiuso all'interno del quale erano rimasti imprigionati due pazienti che da anni stavano cercando la via d'uscita senza riuscirci.
Infatti quando giunsero in fondo si resero conto che quel corridoio non portava da nessuna parte. Non c'erano scale.
"Porca vacca. Dobbiamo tornare indietro. Te l'avevo detto Roberto che la direzione giusta era l'altra." Una porta laterale a pochi passi da loro si aprì lentamente. Non si accorsero di nulla. La torcia illuminava solo un piccola porzione di corridoio davanti a loro lasciando le pareti e le porte laterali abbandonate alla loro oscurità.
Raggiunta nuovamente la scala partì di nuovo una musica.

Allez, venez, Milord
Vous avez l'air d'un môme
Laissez-vous faire, Milord
Venez dans mon royaume

Dopo un paio di strofe il silenzio.
"Ancora quella canzone!" disse Stefano sottovoce con tono allarmato, "dobbiamo correre!"
E di nuovo a cercare di battere i record di velocità delle scuole superiori.
Nella foga Stefano inciampò in qualcosa, si ritrovò steso a terra a pancia in giù. La torcia gli sfuggì dalla mano e rotolò qualche metro più avanti, nel corridoio; puntava sulla sua faccia, era accecato dal fascio di luce. Dopo qualche istante di smarrimento si alzò per riprenderla, quindi la impugnò e la puntò dietro per capire su cosa era inciampato. Non c'era nulla in mezzo al corridoio.
Com'è possibile? Pensò.
Non c'era proprio nulla in effetti, nessuno.
"Cazzo, Roberto! Dove cazzo sei?"

Roberto era scomparso.

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